A detta dei partecipanti, un incontro del genere era atteso da anni, e non solo dagli addetti ai lavori ma da tutto il territorio della Planargia che custodisce, insieme al grande areale del sud Sardegna, le antiche coltivazioni della Malvasia. Le attività portate avanti in queste settimane da Confagricoltura Oristano per l’organizzazione del convegno “Malvasie di Sardegna – Vini antichi per un mercato moderno”, ha centrato nel segno, vista la straordinaria partecipazione di numerosi produttori giunti da tutta l’Isola, di appassionati, esperti e nuovi operatori che si vogliono avvicinare a questo mondo.
Ad aprire i lavori il sindaco di Bosa, Pier Franco Casula, che ha portato i saluti dell’amministrazione locale e ha ricordato l’importanza di questo settore per tutto il territorio. La parola è poi passata al presidente di Confagricoltura Oristano, e di Confagricoltura Sardegna, Paolo Mele, che ha ringraziato per la partecipazione l’Assessore all’Agricoltura e Riforma agro-pastorale della Regione Sardegna, Gabriella Murgia, tutti i relatori e il pubblico che ha partecipato all’evento.
È accertato che l’origine del nome “Malvasia” derivi da una città greca del Peloponneso, Monemvasia, ovvero “Porta a una sola entrata”, nella quale, attorno al 1400, nacque un fiorente commercio di vini che approvvigionava tutto il Mediterraneo. Pare meno certa, invece, l’origine della sua coltivazione e le attuali teorie sull’origine geografica del vitigno che ipotizzano apparentamenti genetici con la Malvasia delle isole Lipari, ma anche la presenza autoctona in Sardegna già in epoca nuragica. Sarà però grazie ai mercanti veneziani e al loro florido commercio che si assisterà all’identificazione col nome Malvasia di tutta una categoria di vini e in particolare quelli a bacca bianca. Vini antichi, dunque, ma con un’anima “inossidabile” per un mercato moderno indenne alle spinte “modaiole” che da secoli ricerca e accoglie queste tipologie votate alla longevità, per un pubblico attento e conoscitore del loro inimitabile valore.
La storica Doc della Malvasia di Bosa ha il suo areale di produzione nei territori di sette comuni della Planargia: Bosa, Magomadas, Modolo, Tresnuraghes, Flussio, Suni e Tinnura. L’areale si sviluppa quindi a sud del fiume Temo, dove i sottosuoli fortemente calcarei attribuiscono a questo tipo di coltivazione una delle sue caratteristiche peculiari. I vini Doc della “Malvasia di Bosa” sono i seguenti: Malvasia di Bosa amabile e Dolce; Malvasia di Bosa Riserva; Malvasia di Bosa Spumante; Malvasia di Bosa Passito.
Secondo i dati dell’Agenzia agricola regionale Laore Sardegna la superfice idonea coltivata nel 2020, cioè riconosciuta nella Doc, è di circa 25 ettari mentre sono 14 quelli ricadenti nella categoria della superfice rivendicata, ma non riconosciuta. Il vino certificato è di 161 ettolitri (16100 litri) di cui 150 sono imbottigliati. Le aziende, quasi esclusivamente a conduzione familiare, sono notevolmente atomizzate e per la maggior parte non superano i pochi ettari. La superfice a Malvasia di Sardegna nei comuni della Doc di Bosa, sempre secondo i dati forniti da Laore, si è attestata nel 2021 in 112,97 ettari così suddivisi: 47,01 a Magomadas, 43,06 a Bosa, 14,90 a Modolo, 1,33 a Tresnuraghes, 4,58 a Flussio, 2,09 a Suni, e zero ettari coltivati a Tinnura.
“In Sardegna – ha detto il presidente di Confagricoltura Sardegna, intervenuto al convegno - abbiamo la fortuna di avere realtà virtuose sul piano della produzione agricola dove il vino ha fatto da apripista allo sviluppo di comunità lacerate dall’emigrazione e dalla mancanza di prospettive per il futuro. L’esempio di Mamoiada è un modello da cui attingere a piene mani nel coniugare agroalimentare e tradizione, turismo e accoglienza. Nel giro di neanche vent’anni molti ragazzi hanno creduto nell’agricoltura, si sono formati, specializzati e con impegno e tenacia hanno iniziato a realizzare un sogno di straordinaria eccellenza”.
Oggi, il paese dei Mamuthones è uno dei pochi centri delle aree interne della Sardegna in controtendenza sul piano dello spopolamento delle zone rurali. In questo territorio, vino e maschere dell’antico carnevale barbaricino hanno accompagnato un percorso di rivincita economica e sociale che in tutte le sue positività dobbiamo esportare, integrare e adattare con generosità nel resto dell’Isola”. “Crediamo che occasioni come quella di oggi – ha proseguito Mele - possano essere lo strumento giusto per mettere a confronto produttori ed esperti del settore, che grazie al loro lavoro e al loro studio stanno facendo emergere pregi e potenzialità della Malvasia. Abbiamo necessità quindi che il loro sapere e le loro conoscenze vengano amplificate e condivise e che i consumatori conoscano anche la storia dell’antico vitigno per poterne poi godere appieno il frutto. Le potenzialità del prodotto sono enormi e il mercato risulta ancora ampiamente espandibile così come, se ben progettate, le produzioni. Anche in questo settore conoscere il mercato e le sue regole risulta essenziale per arrivare a grandi traguardi”.