Ancora ancora lontano l’intesa sull’accordo quadro per il distretto del Nord del pomodoro da industria. La parte agricola giudica irricevibile la proposta presentata nei giorni scorsi dagli industriali e sostanzialmente invariata rispetto a gennaio. Confagricoltura Piacenza esprime forti perplessità: “A causa dei costi di produzione enormemente lievitati e per la siccità imperante, molti agricoltori hanno deciso che non incrementeranno le superfici e stanno addirittura valutando se valga la pena o meno ridurle. Nelle scelte di questi giorni influisce anche l’incertezza sull’accordo quadro. Davvero non si comprende l’atteggiamento della parte industriale che evidenzia i costi della trasformazione senza tenere in dovuto conto che sono aumentati, in percentuale ben più ampia, anche i costi di coltivazione, come è stato riconosciuto nei paesi competitor che hanno chiuso accordi con prezzi di riferimento più alti rispetto a quelli che gli agricoltori italiani si sono sentiti proporre. Oltretutto in Spagna i costi di lavorazione sono più contenuti, per un minor costo di gasolio ed energia e di manodopera. Il pomodoro italiano è inoltre l’unico ad essere realizzato tutto in regime di lotta integrata, il che presuppone un ulteriore incremento dei costi di produzione, ma anche la garanzia di un prodotto considerato top quality a livello globale. Le industrie monetizzano questo plus, a cui dovrebbero rinunciare se decidessero di lavorare una materia prima diversa da quella nazionale e non si vede perché gli oneri e i rischi per garantire il massimo della qualità debbano invece ricadere solo sulla parte agricola. Tanto è vero questo che negli anni precedenti il prezzo spagnolo è sempre stato inferiore a quello italiano”.
“Una delle obiezioni portate dall’industria al tavolo – sottolinea l’associazione degli agricoltori - è il paventato crollo dei consumi a fronte di un adeguamento del prezzo finale, ma il mercato, proprio con i recenti adeguamenti di prezzo, ha dimostrato che i prodotti basici, come i trasformati di pomodoro, esprimono una domanda piuttosto rigida, che flette poco rispetto alle variazioni di prezzo, tutt’al più fluttua dall’horeca ai consumi domestici e le industrie hanno, in ogni modo, la possibilità di stoccare le produzioni se non ci sono le condizioni per una vendita ottimale, mentre gli agricoltori, una volta che il prodotto è in campo non possono né ritardare né invertire la marcia e sostengono dei costi che in caso di una cattiva annata non recupereranno. A ciò si aggiunga che la materia prima eccellente consente di arrivare a un plusvalore sul prodotto finito rivalutato dell’85% rispetto a quanto riconosciuto per la materia grezza, sarebbe un peccato non far cogliere a tutta la filiera e con ciò anche ad ogni sua componente, l’opportunità di sfruttare i mercati in questo momento così tonici”.
Confagricoltura Piacenza dichiara perentoriamente: “In mancanza di un prezzo di riferimento che riconosca tutti gli elementi, portare a termine la coltivazione con la certezza di lavorare in perdita, quest’anno in particolare, rischia di far saltare i bilanci delle aziende. La programmazione della campagna sta andando avanti e le piantine di pomodoro sono già state in buona parte ordinate, ma senza un prezzo adeguato, con i costi che si prospettano, con le rese attese in calo a causa della mancanza d’acqua, con la necessità di calibrare con il bilancino i fattori produttivi per costo e super regolamentazione, potrebbe essere un danno minore gettare le piantine e rinunciare alla coltivazione almeno di una parte delle superfici.”.
“Auspichiamo davvero – conclude Confagricoltura Piacenza – che la filiera dimostri responsabilità e riesca a trovare una quadra definendo un prezzo che consenta a tutti lavorare. Questa è sicuramente, più di altre una campagna, in cui è necessario riaffermare che le Op devono detenere il possesso del prodotto rivendicando il loro ruolo per una programmazione rigida dei quantitativi in fase di trattativa e nel corso di tutta la stagione”.