I casi di lavoro irregolare non devono far criminalizzare tutte le aziende agricole. Lo dice Roberto Caponi, Direttore Politiche del Lavoro e Welfare di Confagricoltura, intervistato da Informatore Agrario in merito alle notizie di cronaca dei giorni scorsi: il Nucleo Carabinieri Ispettorato del lavoro di Cuneo ha fermato 9 persone responsabili di caporalato nei vigneti delle Langhe. Anche la Procura di Perugia ha denunciato 5 persone per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro in tutta l'Umbria e nelle province di Arezzo, Siena e Grosseto. Il fenomeno del caporalato è sempre più diffuso anche al Centro-Nord? “Indubbiamente - afferma Caponi - il fenomeno si registra anche lì, ma occorre evitare generalizzazioni. Su una platea di un milione di lavoratori in agricoltura, le ipotesi di sfruttamento del lavoro riscontrate dall'Ispettorato nazionale del lavoro riguardano circa 2.000 unità”. Se poi, come precisa il direttore, il servizio di collocamento pubblico - con meno del 2% dei lavoratori assunti per suo tramite - funzionasse meglio, forse si toglierebbe un po' di linfa vitale ai caporali. C'è poi il problema grosso dei trasporti nelle aree rurali: per combattere efficacemente il fenomeno, oltre alla repressione, occorrerebbe far funzionare i servizi di trasporto pubblici dei lavoratori nelle aree agricole e intensificarli nei periodi delle grandi campagne di raccolta e della vendemmia. “L'alternativa potrebbe essere di prevedere degli incentivi per le aziende agricole che si attivino per organizzare i trasporti dei propri lavoratori in azienda e per fornire loro alloggi dignitosi”. Servirebbe una maggiore attività di ‘intelligence’: “Abbiamo l'impressione – sottolinea Caponi - che si vadano a visitare sempre le stesse aziende; invece, per quelle dove presumibilmente potrebbero esserci grosse sacche di illiceità, le ispezioni sembrano meno frequenti”.
Di recente si è svolto il click day, il timore è che le richieste di lavoratori stagionali superino il fabbisogno. “Accade che venga utilizzato il sistema dei flussi per fare entrare gli extracomunitari nel nostro Paese senza che vi sia un'effettiva necessità occupazionale – prosegue Caponi - lo dimostra il fatto che c'è stata un'impennata del numero di richieste rispetto ai fabbisogni. Parliamo di 320.000 richieste di stagionali a fronte di 90.000 che erano a disposizione. Le organizzazioni agricole, in questo senso, vogliono impegnarsi di più in prima persona. Per quanto riguarda i flussi, le associazioni di categoria fanno una sorta di attività di certificazione dopo aver verificato che l'azienda esista, abbia la capacità reddituale di pagare il corrispettivo ai lavoratori, si impegni ad assumerli; quindi seguono tutto l'iter procedurale della pratica fino all'effettiva assunzione. Insomma, forniscono più garanzie rispetto ad altri soggetti che si affacciano sul mercato come intermediari, ma senza avere le caratteristiche e, diciamo così, il rigore che invece hanno le associazioni”.