Oggi sul Foglio l’intervista al presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, eletto presidente del Copa, il Comitato che a Bruxelles riunisce 60 organizzazioni agricole che rappresentano 22 milioni di agricoltori in Europa.
Si tratta di una vittoria italiana. Per la prima volta dopo 30 anni, un italiano torna al vertice del Copa (l’ultimo era stato Augusto Bocchini, sempre di Confagricoltura, nel 1993-95). “E’ un grande risultato per tutta l’agricoltura italiana e per l’Italia in generale – dice Giansanti al Foglio – per me è un grande privilegio, oltre che una grande responsabilità”.
Giansanti sottolinea come questa sia la vittoria del modello agricolo occidentale, un traguardo di un Paese che è secondo produttore in Europa, nonché il primo per valore aggiunto. “Oggi – prosegue il presidente del COPA - la nostra forza è proprio nella diversità: 27 stati membri, 60 associazioni, 22 milioni di agricoltori. L’importante è unire tutte queste forze in un progetto comune a protezione dell’agricoltura. L’occasione è importante, perché l’agricoltura è tornata ad avere un ruolo strategico”.
Giansanti ribadisce come agricoltori debbano essere i protagonisti nella transizione sia ecologica sia sociale, dal momento che sono i veri custodi, sia dell’ambiente, sia delle aree interne dell’Europa. Serve un approccio completamente diverso, rispetto a quello degli scorsi anni. “Occorre ritornare a una politica agricola che incentivi il settore a produrre, il contrario di quello che si è tentato di fare finora con incentivi a non produrre”. Gli agricoltori – ricorda il nuovo presidente – vogliono poter produrre con standard sempre più alti e garantire la sicurezza alimentare e gli approvvigionamenti per l’Europa, due questioni che hanno una centralità strategica. Occorre allargare lo sguardo anche al ruolo che hanno Stati Uniti, Cina e Sud America e puntare al contempo alla centralità e all’autonomia che l’Europa deve acquisire nel settore primario per non restare schiacciata dagli altri blocchi.
Quanto alla PAC, deve semplicemente tornare a perseguire gli obiettivi che i padri fondatori avevano indicato nei trattati istitutivi dell’Europa: un giusto reddito per i produttori e un giusto prezzo per i consumatori, oltre alla sicurezza degli approvvigionamenti. Deve tornare a essere una politica economica. Contrariamente a quanto accaduto negli ultimi anni, in cui è diventata prevalentemente una politica ambientale, perdendo completamente di vista sia il ruolo degli agricoltori sia quello della produzione.
Quanto agli accordi internazionali continua Giansanti: “Vanno valutati su basi ed evidenze numeriche. L’importante per noi è che al centro ci sia la non negoziabilità del valore dell’agricoltura in cambio di altre sovvenzioni. Il Ceta con il Canada è stato un buon accordo, come quello con l’Australia. Le basi di quello con il Mercosur vanno negoziate meglio, per non mettere in difficoltà alcuni settori. Va certamente stimolata una visione proiettata all’export, se vogliamo conquistare spazi nel mercato globale. Ma come approccio sarebbe preferibile un ritorno al multilateralismo”.