In una lunga intervista sulla Provincia di Cremona il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti affronta i temi salienti per il settore primario, a partire dalla riflessione sul fatto che il 2023 sarà un anno in chiaroscuro, con un contesto tremendamente difficile e complicato, pesantemente condizionato dal conflitto russo-ucraino e con il caro energia e l’inflazione sempre più pressanti su cittadini e imprese.
“Entriamo nel nuovo anno all’insegna dell’instabilità” sottolinea Giansanti, che ha poi ribadito come gli agricoltori cercheranno di dare più certezze possibili ai consumatori, fornendo prodotti alimentari al minor costo possibile. Il presidente di Confagricoltura parla anche della Legge di Bilancio, che definisce equilibrata e sulla quale il giudizio complessivo è positivo. Ricorda però come sia arrivato “il momento di sedersi ad un tavolo e costruire in maniera lungimirante e concreta i prossimi passi del settore primario”. Le parole chiave dovranno essere produttività, competitività e innovazione e, riguardo a quest’ultima, la digitalizzazione sarà sempre più la chiave di volta.
A proposito dei cambiamenti climatici Giansanti ricorda che abbiamo avuto a che fare con la peggiore carenza idrica degli ultimi 50 anni e che anche l’inverno in corso non sta aiutando a ricaricare le riserve idriche. “Rischiamo – aggiunge – che il 2023 sia un anno difficile dal punto di vista idrico così come lo è stato il 2022”.
L’agricoltura va trasformata, attraverso la transizione energetica e a tale proposito il presidente di Confagricoltura evidenzia come gli agricoltori svolgano un ruolo importantissimo nella produzione di energie rinnovabili, con il fotovoltaico, il biogas e il biometano. Inoltre Confagricoltura sta lavorando con il Governo affinché si arrivi ad una certificazione per i crediti di carbonio.
Tra i temi salienti non può mancare la PAC, della quale Giansanti sottolinea l’inadeguatezza, anche perché concepita nel 2017, in un contesto completamente diverso da quell’odierno. “Così com’è – precisa il presidente – genera sperequazione tra gli agricoltori, non promuove le aziende agricole e non tutela il loro reddito. In poche parole l’esatto contrario di quello per cui la PAC originariamente è nata”.
Sarà necessario in queste prime settimane del nuovo anno avviare a Bruxelles un processo di revisione della riforma a medio periodo, per far sì che si possa adattare alle esigenze degli imprenditori.
Il 2022 ha portato anche qualche successo, come quello – lo ricorda Giansanti – sul Nutriscore (sistema di etichettatura a semaforo), la cui entrata in vigore è stata rinviata di sei mesi, grazie anche all’incisivo intervento di Confagricoltura.
Altro tema importante è quello della riduzione dei fitofarmaci, chiesta dall’Europa. Ma in sostituzione di questi non vengono fornite adeguate alternative. Va fatto un attento e ponderato studio d’impatto, come ha giustamente chiesto a Bruxelles il ministro Lollobrigida.
A chi poi vorrebbe equiparare, a livello di emissioni, le aziende agricole alle grandi industrie, Giansanti ricorda che gli agricoltori e gli allevatori italiani sono i più virtuosi d’Europa su questo fronte, fornendo già uno standard qualitativo elevato, e che sono pronti a ridurre ancora di più le emissioni. “Sarebbe il caso che i Paesi che non si sono adeguati a noi, lo facessero”.
A proposito del cibo sintetico il presidente di Confagricoltura dichiara come non sia lontanamente paragonabile alla qualità del cibo proveniente dall’agricoltura. “La qualità che la nostra agricoltura è in grado di offrire non potrà mai essere ricreata in nessun laboratorio” ribadisce. Il tema però resta serio e va affrontato con estremo rigore. “Se un domani, infatti, la produzione di alimenti dovesse essere legata a brevetti industriali di questa o quella multinazionale, è ovvio che la democrazia verrebbe messa a serio rischio”.
Infine per il 2023 Giansanti si augura innanzitutto la fine del conflitto russo-ucraino e poi che si metta mano seriamente ad un piano strategico nazionale per il settore primario, che – ricorda – è il primo settore economico del Paese, con un contributo al PIL di 570 miliardi.
“Abbiamo in mano – conclude Giansanti - un potenziale straordinario, che dobbiamo impegnarci a valorizzare e tutelare sempre di più”