I dati positivi registrati nei primi mesi di quest'anno, dopo le difficoltà del biennio precedente, sono già stati vanificati. Come rilevato da Ismea nell'ultimo rapporto sulle tendenze del settore, la peste suina africana, un virus non trasmissibile all'uomo ma letale per il 90 per cento di maiali e scrofe, pesa come un'incognita su tutta la filiera. Dopo un aumento del 17,9 per cento in valore e del 13,4 per cento in volume nei primi due mesi dell'anno, vengono rilevati sempre maggiori problemi alla movimentazione dei capi e perdite non trascurabili dovute al mancato export di carni fresche verso alcuni mercati strategici, come quelli asiatici, a causa di misure di sbarramento di carattere sanitario.
Rudy Milani, presidente della federazione nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura, è convinto che il settore sia sull'orlo di un disastro. "Il commissario parla dal punto di vista tecnico, ma sul piano commerciale siamo vicini al baratro – dichiara ad Affari&Finanza del quotidiano Repubblica -. L'export sta andando a picco. Registriamo perdite fra 20 e 30 milioni al mese, dall'inizio dell'epidemia abbiamo subito danni per più di mezzo miliardo". Di qui, la richiesta di interventi urgenti. "C'è stata una sottovalutazione del problema nella fase iniziale - spiega Milani -. Adesso occorre intervenire con decisione sui cinghiali selvatici. Poi, bisogna riportare il settore in equilibrio, attraverso supporti concreti alle aziende. Questo è il momento di mettere intorno a un tavolo tutta la filiera, dalle banche ai trasformatori, per giungere a un accordo per la ripartenza".