La peste suina sta minacciando l'industria nazionale di prosciutti, salsicce e prelibatezze suine, un comparto del valore di 8,2 miliardi di euro. Il governo è impegnato nella lotta per debellare la peggiore epidemia del Paese dagli anni '60.
Un approfondimento sulla situazione legata a questa emergenza è uscito sul Financial Times, con l’intervento di Rudy Milani, presidente della FNP Suini di Confagricoltura.
Le restrizioni varate dalle autorità sanitarie, nel cuore della produzione suinicola dell'Italia settentrionale, hanno lasciato centinaia di allevatori con circa 700.000 animali indesiderati, che rappresentano circa il 7-8 percento della produzione annuale di suini in Italia.
“C'è una sola parola che può descrivere lo stato d'animo degli agricoltori in questo momento: terrorizzati”, ha detto Milani.
L'Italia ospita circa 8,7 milioni di suini domestici e quasi 50.000 persone sono impiegate nell'industria dei prodotti suini. La peste suina non colpisce la salute umana ma è quasi sempre letale nei maiali. Da metà luglio sono stati abbattuti in Italia più di 50.000 suini, a causa del virus rilevato in più di 25 allevamenti nelle regioni settentrionali di Lombardia ed Emilia-Romagna.
Confagricoltura stima che la peste suina sia costata finora agli allevatori di suini 40 milioni di euro in perdite dirette e 75 milioni di euro in perdite indirette da quando il virus è stato rilevato per la prima volta a gennaio 2022.
Il virus è altamente resiliente e può diffondersi non solo tramite animali infetti, ma anche su scarpe, pneumatici di auto e persino nelle carni cotte.
Milani ha sottolineato inoltre come tutti gli agricoltori siano preoccupati che ciò che è successo all’interno dell’area interessata dalla diffusione del virus, possa succedere anche nelle loro zone di attività.
Nell’articolo sul quotidiano inglese il commissario straordinario per la PSA, Giovanni Filippini, ha ribadito come le severe misure di restrizione dovrebbero contribuire a arginare l’epidemia. Sicuramente va ridotta l’enorme popolazione di cinghiali, che sono stati i principali vettori del virus.
L’impegno del governo è tangibile: misure restrittive e un piano di abbattimento per ridurre dell’80 per cento i cinghiali nei prossimi cinque anni mirano a fermare la diffusione dell’epidemia.