
Di Francesco Bellizzi
Alessandro Zambonelli è uno dei tanti giovani imprenditori agricoli di canapa sativa in Italia che stanno vedendo fallire gli investimenti portati avanti per anni. “I nostri raccolti svenduti sul mercato, investirò di meno e taglierò le assunzioni. Mi sembra di essere tornato in dietro di sette anni”
Il governo tira dritto verso la messa a bando totale della pianta di canapa industriale davanti ai rallentamenti dovuti al dibattito parlamentare, il Consiglio dei ministri ha deciso di ovviare trasformando il disegno di legge in un decreto-legge. Resta il divieto di utilizzo sia delle infiorescenze, sia del resto della pianta, con alcune piccole eccezioni come quella prevista per la produzione di semi. Secondo i dati 2023-2024 dell’associazione Imprenditori Canapa Italia, le aziende che coltivano canapa sativa sono circa ottocento (gran parte dirette da under 40 e con una forte presenza di donne) e quattrocento sono le imprese trasformatrici, operanti nei settori dell’alimentare, dell’edilizia, della cosmetica e del tessile.
Una filiera che, complessivamente, esprime un fatturato da 500 milioni di euro l’anno con 10mila persone stabilizzate e altre 30mila lavoratrici e lavoratori stagionali. Parliamo di un comparto cresciuto del 200% negli ultimi cinque anni, con una forte propensione all’export, che interessa il 70% della produzione.
La storia della canapa in Italia è segnata da epoche di grande sviluppo interrotte da fasi di abbandono, sia a causa dell’arrivo dei tessuti artificiali e sia per strette normative che ne hanno inibito lo sviluppo. L’ultima in ordine di tempo è quella che stiamo vivendo oggi. Tra le regioni con una lunga tradizione colturale c’è l’Emilia-Romagna dove, in particolare nel Bolognese e nel Ferrarese, fino agli anni ‘30 del Novecento erano tanti i canapifici in funzione.
Alessandro Zambonelli (41 anni) è uno dei tanti giovani agricoltori emiliano romagnoli che hanno investito parte dei propri terreni nella coltivazione di questa pianta. La sua azienda agricola si trova nel Bolognese e conta circa 300 ettari su cui coltiva cereali, in particolare mais e grano. In dieci di questi ettari, da 7 anni, ha deciso di piantare canapa industriale. “È una buona integrazione al reddito, dato che si tratta di una coltura non intensiva e che rende circa 25 mila euro ad ettaro - ci spiega -. Almeno fino ad adesso che il governo Meloni ha deciso di dichiarare guerra a questa coltura”.
Come è possibile fare imprese in questo modo? Si domanda. “Come possiamo pianificare investimenti se non sappiamo neanche se riusciremo ad ammortizzare quelli già fatti? Inoltre, se da una parte il governo ha deciso di vietare la commercializzazione di questa pianta, non sembra abbia intenzione di prevedere ristori per noi produttori”.
Per la coltivazione della canapa, Zambonelli (in alto in foto) ha investito poco più di 1 milione di euro in un capannone per l’essiccazione, 70mila euro in altra strumentazione, e spende annualmente altri 70mila per 30 persone impiegate. A ciò bisogna aggiungere anche il 22% di Iva, “per la quale lo Stato continua a chiedere l’anticipo mentre procede con il divieto di qualsiasi uso dei raccolti”.
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La messa al bando delle infiorescenze avrà effetti importanti. “Spenderò molto di meno - commenta l’imprenditore - a partire dal personale. I cinque dipendenti fissi probabilmente non lavoreranno e dei 25 a chiamata, 15 resteranno a casa”. Invece dei 150mila euro che annualmente impegna nella produzione, Zambonelli non supererà gli 80mila. “Continuiamo questa coltura, ma senza sapere che cosa accadrà domani. Ad esempio, non abbiamo ancora proceduto alla nuova semina. Mi sembra di essere tornato a otto anni fa”, aggiunge sconsolato.
Intanto, crescono le dinamiche speculative sui prezzi, agevolate anche dall’assenza di una borsa dedicata alle quotazioni. “Se prima dalla vendita all’ingrosso si ricavavano 25mila euro, oggi non si va oltre i 15mila. I compratori acquistano solo a ribasso e pretendono di non versare anticipi. Hanno il coltello dalla parte del manico”.
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Alessandro Zambonelli esporta gran parte della propria produzione. “L’80% del raccolto va oltre confine, in Germania e Francia, destinato per un 20% alla vendita al dettaglio e il resto, soprattutto, al settore medico-farmaceutico”. Paradossalmente, il blocco del comparto colpirà soprattutto le aziende più strutturate. “Il settore agricolo della canapa guarda soprattutto all’estero, ciò significa che i problemi riguardano soprattutto chi produce abbastanza per essere presente sui mercati internazionali”.
L’articolo è presente sul numero di aprile 2025 di Mondo Agricolo, la rivista dell’agricoltura
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