L'articolo è presente sul numero di settembre 2024 di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
di Dario Giardi
Esiste una stretta correlazione tra il nuovo regolamento Ue sul Ripristino della natura e il piano di rinaturazione del Po finanziato dal PNRR. Luci e ombre del progetto spiegate da Franco Dalle Vacche, tecnico di lungo corso, imprenditore e consulente di Palazzo della Valle per le tematiche idrauliche e di bonifica
Questa estate è stato ufficializzato il nuovo regolamento sul Ripristino della natura. Uno dei grandi progetti nazionali che si muove in tale direzione è il progetto di rinaturazione del Po finanziato dal PNRR. Ne abbiamo parlato con Franco Dalle Vacche, imprenditore agricolo, proprietario di un’azienda a Comacchio, in provincia di Ferrara. Socio di Confagricoltura (è stato componente di giunta e poi vicepresidente di Ferrara), vanta una lunga esperienza nei consorzi di bonifica, Dalle Vacche è stato prima consigliere nel Consorzio II’ Circondario, poi componente del comitato esecutivo prima come vicepresidente, poi come presidente. In seguito alla legge regionale di riordino dei consorzi in Emilia Romagna, ne diventa presidente e porta a termine positivamente la loro unificazione. Attualmente è componente dell’assemblea dei delegati Confagri Ferrara ed è consulente per le tematiche idrauliche e di bonifica di Palazzo della Valle e della Consulta Agricola presso la ADBPO.
Dottor Dalle Vacche a che punto siamo con il regolamento sul ripristino della natura?
Lo scorso 27 agosto siamo stati invitati dall’AIPO, agenzia attuatrice del progetto, ad una riunione in cui sono state presentate le nuove 25 schede di intervento rappresentanti un secondo stralcio funzionale al raggiungimento del secondo target di 37 km di rinaturazione dell’alveo del Po da raggiungere entro il 2026, dopo un primo stralcio di 5 schede già in esecuzione.
Un momento informativo che abbiamo apprezzato, ma che non riteniamo possa essere considerato esaustivo e conclusivo, perché le schede di intervento avrebbero richiesto una definizione concertata e non una mera illustrazione che nei fatti non permette interventi sostanziali.
Altro aspetto che abbiamo poco gradito è l’avvio immediato della Conferenza di servizi con i contestuali primi avvisi di esproprio, in assenza peraltro di definizione del valore dei terreni e di revoca delle concessioni demaniali dirette alle nostre aziende. Dalla presentazione che ci è stata fatta registriamo il permanere forti criticità che rischiano di compromettere intere filiere strategiche e la tenuta di molte aziende agricole.
Quali sono le principali?
Se da un lato, alcuni passi avanti sono stati compiuti restringendo il perimetro degli interventi, dall’altro rimane il delicato tema, riconosciuto dalla stessa Agenzia, delle fasce di mobilità in cui potranno determinarsi alti costi di manutenzione ricadenti sulle imprese agricole, nonché difficoltà oggettive di accesso ai fondi. In tali zone, a seguito degli interventi specialmente di natura morfologica ed idraulica, si verificheranno, infatti, costanti allagamenti delle lanche che creeranno problemi per l’accesso, i passaggi e il raggiungimento dei fondi coltivati. Una situazione che nei fatti determinerà l’impossibilità di proseguire con le proprie attività.
E ciò non solo nei terreni in concessione, ma anche in quelli di proprietà, fattispecie quest’ultima ancor più grave e inaccettabile. Crediamo, infatti, che su tali linee di azioni sarebbe stato necessario l’accantonamento di specifiche garanzie e di risorse economiche al fine coprire i costi di manutenzione nelle aree di intervento non per un solo quinquennio. Costi che evidentemente ricadranno, in futuro, sulle imprese agricole.
Il progetto, così come è articolato nei nuovi interventi, continua a suscitare perplessità anche in relazione agli interventi tecnici volti a migliorare la sostenibilità dei territori, nonché la sicurezza idraulica. C’è il rischio, infatti, da una parte di compromettere colture strategiche come quella del pioppo, dall’altra di aumentare la presenza di specie spontanee che, seccando, possono creare sedimenti e ostacoli pericolosi. In caso di piene e alluvioni la situazione che si è determinata nel corso di questi ultimi anni nel Centro Nord Italia potrebbe registrare dati ancor più problematici, interessando, peraltro, aree produttive fondamentali per il Paese.
Perché il nostro Paese è restio ad approfondire ed abbracciare alcune buone pratiche internazionali come quella del fiume Rodano in Francia?
Alla base ci sono diverse caratteristiche geografiche tra le due nazioni. In Francia esiste un reticolo idrografico navigabile diffuso ed efficiente. Al contrario, in Italia l’unico corso d’acqua con caratteristiche di asse idroviario è il Po. Fatta questa premessa, nel dopoguerra, mentre in Francia si è assistito ad un fortissimo sviluppo e rilancio di soggetti dedicati, al contrario in Italia si è avuto un rapido abbandono delle limitate strutture idroviarie, puntando sul quadro della ricostruzione post-bellica nel trasporto su gomma e in parte ferroviario, marginalizzando la navigazione fluviale a modesti interessi locali e di piccolo turismo, lasciando così il Po in sostanziale abbandono.
Il fiume non è mai entrato in una vera strategia nazionale, rimanendo confinato nelle cronache più per i problemi ricorrenti, che per le sue potenzialità. Ogni tentativo di studio e progettualità presentato fin dall’inizio degli anni 2000 per dare una regimazione ed una gestione complessiva ha trovato il deciso contrasto, se non propri veti ideologici, da parte di enti e di associazioni ambientaliste che da sempre hanno assunto posizioni di chiusura avanzando obiezioni dalle dubbie basi scientifiche.
Nel convegno che Confagricoltura ha organizzato a Roma con la partecipazione dei tecnici francesi, ci è stato illustrato come viene gestita con successo proprio questa problematica e come il Delta della Camargue, dopo quasi un secolo di regimazione del Rodano, sia ancora lì.
Sarebbe molto interessante e costruttivo se la stessa Autorità di bacino del Po - ADBPO volesse approfondire la best practice rappresentata dal Rodano, organizzando un momento di incontro con la delegazione francese sul posto, per comprendere e vedere direttamente il loro sistema di gestione in grado di garantire perfettamente gli usi plurimi della risorsa idrica e al contempo la tutela ambientale.