
di Gianluca Cavicchioli
(direttore Confagricoltura Toscana)
L’alfabetizzazione sui temi della finanza in Italia è ferma al 41%, contro il 67% di Germania e Francia. Eppure, si tratta di temi fondamentali per portare avanti strategie d’impresa solide
L’educazione finanziaria è fondamentale per gestire i risparmi, accendere un mutuo o costruire una previdenza complementare, ma in Italia le competenze di base sono ancora poco diffuse. Una corretta alfabetizzazione finanziaria può colmare questo gap e influire positivamente sulle decisioni economiche che ognuno di noi deve prendere nel corso della vita, personale e professionale.
La finanza e l’economia sono una parte indissolubile di ogni nostra scelta quotidiana. Dalla gestione delle economie, ai prestiti a media e lunga scadenza, fino alle pianificazioni per investire nel futuro, c’è un’intimità stretta e continua con il denaro e con quello che con fatica abbiamo realizzato.
Per l’Ocse l’educazione finanziaria “è un processo attraverso il quale i consumatori, i risparmiatori e gli investitori migliorano le loro capacità di comprensione dei prodotti finanziari e dei concetti che ne sono alla base e, attraverso istruzioni, informazioni e consigli, sviluppano attitudini e conoscenze atte a comprendere i rischi e le opportunità di fare scelte informate, dove ricevere supporto o aiuto per realizzare tali scelte e quali azioni intraprendere per migliorare il proprio stato e il livello di protezione”.
Tutto chiaro? Come tutti i processi cognitivi, l’educazione finanziaria è importante perché consente di acquisire le conoscenze di base da mettere in pratica nella gestione finanziaria e patrimoniale. Comprendere i concetti finanziari permette di amministrare i propri beni e quelli della famiglia in modo adeguato, nel breve e nel lungo periodo. Non basta, infatti, risparmiare se poi non si è in grado di investire in strumenti finanziari adatti alle proprie esigenze o alle proprie aspettative, siano essi destinati alla stabilità della vita di ogni giorno o alla programmazione di un futuro tutelato attraverso sistemi previdenziali e assicurativi.
Le esperienze degli ultimi anni hanno evidenziato quanto sia importante la contezza delle dinamiche finanziarie. La stabilità, anche di questo genere, non possiamo darla come acquisita, tutt’altro. Le reazioni da contrapporre devono essere, necessariamente, repentine e chirurgiche. Ergo, chi non ha competenze o il cui livello di alfabetizzazione non è tale da consentire di valutare correttamente i rischi che si profilano all’orizzonte, subisce gli effetti negativi, spesso condizionanti e talune volte irrimediabili, di questo gap di conoscenza.
Le competenze economiche, applicate a molteplici ambiti, determinano, quindi, la qualità della vita delle persone, contribuendo a ridurre gli effetti negativi delle crisi. Un esempio? Le spese impreviste o gli ammanchi di reddito causati dall’epidemia Covid sono stati affrontati con maggior successo dai soggetti con una migliore istruzione finanziaria.
Ma cosa accade in Europa? I tassi di alfabetizzazione finanziaria variano da Paese a Paese. In media, il 55% degli adulti europei è alfabetizzato, con una più alta comprensione dei concetti finanziari nelle aree centro-settentrionali del continente. I paesi più virtuosi sono Svezia, Norvegia e Danimarca, attestati al 75%, seguiti da Germania, Francia e Paesi Bassi, che evidenziano percentuali attorno al 67%. Risultati che sono l’effetto di una maggiore consuetudine con i servizi finanziari e con gli strumenti messi a disposizione dalla digitalizzazione, accanto ad una maggiore istruzione universitaria e a percorsi specifici in ambito scolastico.
In Italia i numeri dipingono un quadro ancora lontano da una consapevolezza informata e corretta. La formazione finanziaria, nel nostro Paese, si ferma infatti al 41%. Pur evidenziando un miglioramento delle conoscenze rispetto agli ultimi due lustri, è palese la nostra posizione di ritardo. Il 33% degli italiani può dirsi dotato di una sufficiente alfabetizzazione con significative disparità geografiche, di genere e di ceto sociale. Solo il 19% è veramente esperto, a fronte di un 30% di inesperti e, soprattutto, di un 23% di popolazione esclusa da qualsiasi competenza finanziaria.
Gli italiani sono consapevoli dei loro limiti: oltre il 50% degli intervistati valuta il proprio livello di cultura finanziaria inferiore alla media, contro un 18% circa nei Paesi OCSE. Analoghe evidenze sono state confermate nel 2022 da uno studio condotto dal Comitato Edufin, dal quale emerge però anche una forte domanda di educazione finanziaria a scuola e nei luoghi di lavoro. E allora? Parliamone spesso, confrontiamoci con riconosciuti ed autorevoli esperti, cerchiamo di essere meno soli nelle decisioni spesso non reversibili. Del doman non v’è certezza…
L’articolo è presente sul numero di aprile 2025 di Mondo Agricolo, la rivista dell’agricoltura
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