
L'articolo è disponibile sull’edizione gennaio-febbraio di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
di Paola Castello
Il comparto del riso è fondamentale per l’agricoltura del Paese. L’Italia rappresenta oltre il 60% della produzione europea, è tra i primi dieci esportatori ed è la seconda tra i Paesi a economia avanzata dopo gli Stati Uniti. Qual è il futuro di questa coltura? Ne abbiamo parlato con la presidente dell’Ente Risi, e vicepresidente nazionale di Confagricoltura Donna, Natalia Bobba
Qual è lo stato dell’arte del comparto risicolo oggi?
La situazione è abbastanza complessa: dopo la grave siccità rilevata nel 2022, che si è poi ripresentata l’anno successivo, le prospettive per il 2024 sembrano essere migliori. Come emerge anche dal consueto sondaggio che l’Ente Risi fa ogni anno, da cui si evince che i risicoltori sono ottimisti sulle previsioni di produzione. Nel 2023 gli ettari coltivati a riso sono stati 210.000, quest’anno invece si prevedono 216.000 ettari; questo leggero incremento è un dato positivo di cui non si può non tenere conto. Altro segnale positivo è quello inerente ai trasferimenti di risone: dai coltivatori all’industria, si registra un +15% da ottobre 2023 a gennaio 2024, dato che attesta come i consumi siano in ripresa.
In che modo gli effetti dei cambiamenti climatici stanno influenzando la coltivazione del riso? Quali sono le principali conseguenze?
Se si parla di risicoltura non si può non affrontare questo tema. Tutti gli agricoltori stanno vivendo sulla propria pelle le conseguenze di questi mutamenti di natura straordinaria. Basti pensare che nell’ottobre del 2020 anche la mia zona (tra Novara e Vercelli) è stata pesantemente colpita da un’esondazione, mentre il 2022 è stato caratterizzato da una fortissima siccità che ha portato ad una mancata produzione di parecchi quintali. L’inizio della campagna 2023 è stato contrassegna- to da una siccità tale che ha rischiato di compro- mettere la produzione. Da maggio in poi, invece, le frequenti piogge hanno ribaltato positivamente la situazione. In qualità di produttori di riso, abbiamo auspicato la realizzazione di nuovi invasi (e la ristrutturazione di quelli esistenti) per poter avere una riserva di risorsa idrica per i periodi più critici.
Nessun punto debole quindi?
Ci sono degli evidenti problemi gestionali. Un altro punto che richiede particolare attenzione è quello della manutenzione degli alvei fluviali e della pulizia delle arterie, per la circolazione dell’acqua. La situazione è diversificata in Italia, ogni regione ha le sue peculiarità anche dal punto di vista fisico e idrogeologico, e quindi le sue problematiche specifiche. Ad esempio, le zone risicole nei pressi del Delta del Po, in casi di grave siccità, devono far fronte al problema della risalita del cuneo salino (che avanza a volte addirittura di parecchi chilometri e che danneggia fortemente le colture), fenomeno che non riguarda certamente Piemonte e Lombardia.
In che modo le nuove tecnologie e le biotecnologie possono aiutare il comparto?
Sono fondamentali e rappresentano una nuova frontiera per l’agricoltura. In particolare, avranno un peso sempre più decisivo le Tea (Tecniche di evoluzione assistita, ndr.). Grazie alla ricerca e a queste nuove tecniche, an- dando ad agire sull’apparato radicale delle pian- te, si potranno infatti ottenere delle varietà più resistenti sia alle fitopatie, sia agli stress idrici. La recente approvazione delle sperimentazioni in campo, a livello nazionale, rappresenta un importante traguardo.
Gli ultimi dodici mesi sono stati caratterizzati da una significativa volatilità dei prezzi, quali sono le prospettive oggi?
Quello della volatilità dei prezzi è un tema che impatta fortemente sul mercato del riso, strettamente legato alle politiche mondiali. Ultimamente, tuttavia, è stato abbastanza stabile. Su questo fronte, un tema rilevante resta quello dei dazi nei confronti delle importazioni da altri Paesi. In particolare, arrivano dal Sud Est asiatico (Cambogia e Myanmar in primis) ingenti quantità di riso confezionato. Queste creano problemi non solo ai nostri produttori, ma anche alla nostra industria di trasformazione. Per tutelare la produzione nazionale è stato ri- chiesto il ripristino dei dazi, anche alla luce del fatto che la clausola di salvaguardia, terminata a gennaio del 2022, non è stata più ripristinata. Ma il trilogo riunitosi a Bruxelles a dicembre 2023 non si è pronunciato, rimandando la questione a dopo le elezioni europee. Sempre riguardo all’import e all’export, il comparto sta vivendo luci ed ombre: se da un lato si sta registrando un significativo aumento dei costi di produzione anche per via del blocco delle navi sul Mar Rosso, dall’altro l’import da altri Paesi è comunque in calo del 33%.
Quali sono le principali richieste di Confagricoltura e dell’Ente Risi alle istituzioni nazionali ed europee per il rilancio del comparto?
Le problematiche del comparto sono simili a quelle degli altri settori. Servono sicuramente un mercato più stabile, la possibilità di continuare ad usare i fitosanitari fino a quando non ci siano delle alternative valide e una sburocratizzazione del sistema a livello nazionale ed europeo. A fine febbraio si svolgerà a Vercelli la consueta Fiera in Campo, manifestazione di riferimento per il settore risicolo.
Quali sono le principali novità di quest’anno?
La Fiera in Campo (23, 24 e 25 febbraio a Vercelli), giunta quest’anno alla 45ª edizione, rimane una manifestazione fondamentale per la risicoltura e attira un grande pubblico, non solo italia- no, ma anche straniero. L’articolazione della kermesse è rimasta più o meno immutata nel tempo. Il tema del convegno di apertura di quest’anno è il carbon farming, una nuova frontiera per l’agri- coltura europea. Restano fisse anche le consuete prove in campo, peculiarità tipica di questa fiera, durante le quali gli addetti ai lavori possono vedere i macchinari agricoli in azione.
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