
L'articolo è presente sul numero di aprile di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
di Francesco Bellizzi
All’incontro della cabina di regia di marzo a Palazzo Chigi ha partecipato anche Rago: “Al centro dei futuri accordi con i Paesi africani sempre le esigenze delle produzioni italiane”. Consalvo (Civi): “Noi siamo pronti”
La cabina di regia per il Piano Mattei ha iniziato a lavorare. Fino ad oggi sono due le riunioni che la premier Meloni e i suoi ministri hanno avuto con i rappresentanti dei settori produttivi italiani per illustrare i punti di viluppo della collaborazione economica, che si vuole avviare con alcuni Paesi africani. L’incontro più recente a Palazzo Chigi è di fine aprile, e per Confagricoltura ha partecipato il vicepresidente, Giordano Emo Capodilista. Al primo, nel mese di marzo, era presente invece Rosario Rago, componente di giunta e importante rappresentante della IV gamma italiana.
L’agricoltura è tra le direttrici del piano su cui l’esecutivo sta lavorando, insieme a diversi altri temi, tra cui risorse idriche, produzione di energia, tecnologia industriale e formazione. “Fondamentale sarà conoscere i mercati interni dei Paesi con cui l’Italia e l’Europa avvieranno scambi commerciali e accordi di sviluppo”, spiega Rago (in foto a sinistra), raggiunto da Mondo Agricolo, interpretando il pensiero della base associativa.
Il componente di giunta guarda ai possibili risvolti che il Piano Mattei avrebbe per le produzioni e le imprese italiane. “Di certo, la pianificazione deve essere attenta alle esigenze delle singole produzioni. Un esempio è quello dell’avocado - prosegue -. In Italia la sua coltivazione si concentra tra i mesi di novembre e marzo. Sarebbe assolutamente valido un accordo con i produttori africani per l’avvio di una produzione destinata ai mercati italiano ed europeo per la primavera”.
Insomma, è necessario incastrare le nuove opportunità con gli obiettivi e le dinamiche di mercato nostrane. Anche dal punto di vista della sostenibilità, perché le importazioni dal Sud America potrebbero essere affiancate da altre provenienti dal Bacino Mediterraneo. “Questo permetterebbe di incentivare canali commerciali più sostenibili dal punto di vista ambientale”, aggiunge Rago, che però invita a valutare anche la destinazione finale delle produzioni.
“Bisogna capire quale sarà il mercato di riferimento delle merci frutto di queste partnership. Se si tratta di sostenere colture che verranno importate e consumate in Europa, allora - riflette l’imprenditore campano -, bisogna valutare con attenzione gli effetti sulla concorrenza con i prodotti interni all’Ue, perché conosciamo bene la differenza tra i nostri costi di produzione e quelli di oltre Mediterraneo”. Discorso diverso è se il Piano Mattei punti a collaborazioni per i mercati nazionali africani. “In questo caso - chiosa Rago - sarà utile conoscere bene la domanda presente nei loro mercati per scegliere colture e quantità in base all’andamento dei loro consumi interni”.
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Dopo l’incontro di marzo Palazzo della Valle ha interpellato i propri soci per sondarne l’interesse. Tra chi ha risposto ci sono alcuni imprenditori del settore vivaistico. Alcuni dei quali hanno dichiarato di essere già presenti in Africa da molto tempo. “Noi siamo pronti al Piano Mattei. Ci sono vivaisti che sono presenti su alcuni mercati africani anche da vent’anni”, ci spiega Giandomenico Consalvo (in foto a destra), presidente del Centro interprofessionale per le attività vivaistiche (Civi), realtà che raccoglie 100 impree attive nel comparto ortofrutticolo e che ha ricevuto dal Masaf il compito e la responsabilità di gestione del marchio Q.V.I. fondamentale strumento di certificazione. “Il nostro consorzio lavora su quella sponda del Mediterraneo da ben dieci anni”.
Viti, pesche, albicocche, fragole e mele sono alcuni dei principali prodotti che legano il Civi a Stati come il Marocco, la Tunisia, l’Egitto, la Giordania e l’Algeria. “Per il nostro settore il dialogo con l’estero è fondamentale - prosegue il presidente del consorzio -. Il 50% del nostro fatturato è legato all’export ed è un risultato che dobbiamo al riconoscimento, da parte dei mercati internazionali, della qualità superiore delle nostre produzioni. Un primato che viene ammesso anche dai nostri diretti concorrenti, Olanda e Francia”. Il Civi Italia dialoga con l’Africa anche per l’export di impiantistica e know-how. “I nostri tecnici vengono chiamati come istruttori di pratiche colturali, ma anche per la gestione di macchinari e per l’insegnamento delle tecniche che permettono di rendere efficiente il consumo di materie prime come l’acqua”.
La strategia messa in campo dai vivaisti italiani per affrontare mercati complessi come quelli del continente africano, è davvero un modello, “fatto di dialogo con le Camere di Commercio nazionali, con le ambasciate e, ovviamente, in Italia, con l’Istituto Commercio Estero. La formula è fare sistema”.
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