L'articolo è presente sul numero di novembre 2024 di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
di Luigi Cattivelli
(direttore del Centro di ricerca Genomica e Bioinformatica del Crea)
La cisgenesi permette di inserire in una varietà coltivata il gene di resistenza prelevato da una varietà selvatica senza modificare nulla delle sue caratteristiche qualitative
Di cambiamenti climatici si parla da molto tempo, ma negli ultimi anni abbiamo toccato con mano l’effetto del “nuovo clima” sull’agricoltura. Nel 2023 abbiamo avuto aree caratterizzate da una grande siccità e allo stesso tempo zone con eccessi di pioggia che hanno messo in ginocchio l’agricoltura. Non necessariamente il prossimo anno sarà uguale a quelli trascorsi, ma certamente negli anni futuri periodi di carenza idrica e di alte temperature saranno sempre più frequenti nell’area mediterranea, una regione che costituisce un hotspot dei cambiamenti climatici globali.
Il cambiamento climatico non agisce solo sulle piante, modifica anche gli areali di diffusione dei patogeni e degli insetti così che compaiono nelle nostre regioni malattie e parassiti una volta rari o assenti. Oltre alla sfida del clima, l’agricoltura si trova di fronte anche alla necessità di ridurre in modo significativo l’uso della chimica, una esigenza fortemente desiderata dall’opinione pubblica e formalmente richiesta dall’Unione Europea con il documento strategico noto come Farm to Fork.
La riduzione dell’uso dei fitofarmaci, tuttavia, non può essere ottenuta semplicemente convertendo l’agricoltura convenzionale in biologica, in quanto la conversione a biologico implica una riduzione della produzione. È chiaro che in un contesto internazionale difficile come quello attuale, delegare ad altri la produzione di cibo non appare una scelta lungimirante, mentre la riduzione del fabbisogno di materie prime agricole richiederebbe un drastico cambio delle abitudini alimentari della popolazione. La comunità scientifica e molti stakeholders ritengono che selezionare nuove varietà/ibridi/ cloni adatte/i alle nuove condizioni climatiche e resistenti alle nuove e vecchie patologie sia indispensabile per dare un futuro all’agricoltura.
Se veramente crediamo che il clima cambi e che oggi sia più caldo di ieri e domani sarà ancora più caldo di oggi, allora non c’è presupposto logico per cui una varietà adatta al clima di oggi (o di ieri) possa essere la migliore scelta domani, quando il clima sarà più caldo. Adattare i cicli vitali delle piante al nuovo clima, migliorare la resistenza alle alte temperature e alla probabile riduzione della disponibilità idrica, rendere le piante resistenti alle nuove forme di patogeni che stanno già arrivando a seguito del cambiamento climatico, sono tutte azioni indispensabili per adattare l’agricoltura al clima di domani.
Tutte queste condizioni e la consapevolezza che è necessario produrre di più hanno messo la società di fronte alla scelta se affrontare il futuro con metodi empirici/tradizionali oppure fidarsi della scienza. Le tradizioni del passato e le varietà antiche sono un patrimonio culturale, ma il futuro deve essere affrontato con l’uso della scienza genetica. Un primo di banco di prova è la discussione di questi anni sull’uso delle nuove biotecnologie (non OGM) per il miglioamento genetico delle piante coltivate. Consentire l’uso di queste biotecnologie, ma soprattutto investire per rendere il Paese competitivo in questo settore è un pezzo importante del futuro dell’agricoltura.
Tea: Genome editing e cisgenesi
In linea generale, il miglioramento genomico sfrutta la diversità esistente in natura e reperibile nelle banche di germoplasma, oppure generata dall’uomo attraverso incroci per selezionare varietà capaci di produrre alimenti di alta qualità e che siano adatte all’ambiente in cui devono crescere. Tuttavia, alcuni caratteri altamente desiderabili potrebbero non essere presenti nella diversità esistente o ottenibile tramite incrocio, per questo a partire dagli anni ’60 si è generata nuova diversità genetica attraverso programmi di mutagenesi ottenuti tramite l’uso di agenti chimici o fisici (radiazioni). Attraverso la mutagenesi sono stati ottenute moltissime varietà, alcune delle quali sono ancora nei nostri supermercati.
Ci sono, però, situazioni o caratteri dove l’uso della mutagenesi è impossibile. Mentre nelle piante erbacee è facile mutagenizzare decine di migliaia di semi, nelle piante arboree, dove la moltiplicazione è quasi sempre clonale, è impossibile sottoporre migliaia di individui alla mutagenesi Inoltre, la mutagenesi induce molte mutazioni casuali per cui insieme alla mutazione desiderata è frequente trovare anche mutazioni non desiderate.
La valenza rivoluzionaria del genome editing sta nella sua capacità di modificare in maniera mirata, precisa ed efficiente un gene target lasciando tutto il resto del genoma inalterato. La ricerca di varietà/ibridi/cloni resistenti è da sempre un obbiettivo del miglioramento genetico e frequentemente la diversità naturale fornisce fonti da cui recuperare geni di resistenza. In questi casi la strategia standard è rappresentata dall’eseguire una serie di reincroci che consentano di inserire il gene di resistenza dentro il genoma delle varietà coltivate.
Tuttavia, per un principio genetico in questa operazione oltre al gene di resistenza verrà introgresso (cioè, trasferito ad una discendenza filiare mediante un incrocio tra un genitore portante la resistenza, ma generalmente poco produttivo ed un genitore produttivo, ma privo della resistenza) anche un più o meno ampio tratto di DNA adiacente al gene di resistenza, che inevitabilmente andrà a modificare le caratteristiche delle varietà coltivate. In alcuni casi cambiare anche solo di poco una varietà tradizionale determina un enorme perdita di valore.
Si pensi ad esempio alle viti ed alla produzione di vini DOC intimamente legati a specifiche varietà di vite: cambiare le varietà fa venir meno la protezione DOC ed il corrispondente valore economico. L’uso della cisgenesi offre la possibilità di inserire il gene di resistenza prelevato da una varietà selvatica all’interno della varietà coltivata in modo preciso (anche scegliendo a priori il punto di inserzione); questo consente di rendere resistenti le varietà tradizionali senza modificare nulla delle loro caratteristiche qualitative per le quali sono diventate famose e che determinano il loro valore economico.