
Di Daniela Pacifico e Chiara Lanzanova
(tecnologhe del Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali - Crea)
Con il progetto Susincer il Crea mostra le potenzialità del potato peel waste non solo per la generazione di biogas, ma anche nella difesa delle colture più diffuse al mondo: mais e frumento
La crescente attenzione ai temi della sicurezza ambientale e della salute umana e animale - anche grazie alla raccomandazione delle agenzie regolatorie Ue di eliminare gradualmente l’uso di formulazioni sintetiche e di ridurre gli scarti dei processi di trasformazione - hanno indotto i ricercatori a studiare strategie alternative. I sottoprodotti della filiera agroindustriale posso essere ricchi di biomolecole ad alto valore aggiunto, da reinserire nella filiera agroalimentare o da destinare all’industria cosmetica e farmaceutica.
In questo contesto, si inserisce il progetto SUSinCER (Sustainable use of bioactive compounds from Brassicaceae and Solananceae wastes for cereal crop protection / Utilizzo sostenibile di composti bioattivi estratti da scarti di Brassicaceae e Solanaceae per la protezione di colture cerealicole), coordinato dal Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali (Crea). Il progetto si è classificato secondo tra i dodici vincitori della competizione che ha visto oltre cento progetti candidati al bando 2019 “Circular Economy for a sustainable future” (Fondazione Cariplo).
SUSinCER, ormai giunto nella sua fase conclusiva, ha avuto, tra gli obiettivi principali, quello di valorizzare gli scarti agroindustriali provenienti dalla fase di pelatura del processo di trasformazione della patata da industria che porta sulle nostre tavole prodotti come le french fries, le patate congelate o le chips. Lo scarto rappresentato dalla buccia (Potato Peel Waste) è infatti ad oggi piuttosto ingente.
Fino al 20% del peso fresco del tubero pre-processato, le bucce di patata “scartate”, ammontano ad un totale di 260.000/300.000 tonnellate/anno solo in Italia. Alcune virtuose realtà industriali già utilizzano questi scarti per produrre biometano ad opera dei biodigestori, ma utilizzando indistintamente buccia e polpa, non valorizzano l’alto valore aggiunto della prima. La buccia è infatti fonte di preziosi biochemicals: i glicoalcaloidi, rappresentati per lo più da due molecole: α-solanina (circa il 40% del totale) e α-ciaconina (circa il 60% del totale) con un limite massimo consentito pari a 200 mg/kg di polpa fresca (FAO/WHO - OECD, 2002) e gli acidi fenolici, prevalentemente acido clorogenico che in buccia raggiunge i 7000 mg/kg in peso fresco.
Lo scopo principale del progetto SUSinCER era investigare la loro potenziale attività di protezione della filiera cerealicola con specifica attenzione di biocontrollo verso due tra i principali funghi micotossigeni (Fusarium verticillioides e Fusarium graminearum) al fine di reintrodurre lo “scarto” nella filiera, puntando a dare vita ad un modello di economia circolare sostenibile il cui flusso di scarti venga impiegato come risorsa nella difesa delle due colture alimentari più diffuse al mondo: mais e frumento.
I risultati Combinando competenze diverse tra cui agronomia, chimica e patologia vegetale, per la prima volta, sono state confrontate le bucce di tuberi coltivati secondo regime biologico con quelli coltivati secondo regime convenzionale provenienti da quattro varietà da industria tra le più interessati nel panorama italiano: Lady Rosetta, Lady Claire, Hermes e Doribel.
Il lavoro, recentemente pubblicato su ACS Food Science & Technology, ha evidenziato come il primo concentri maggiormente in buccia i glicoalcaloidi fino al 15% e gli acidi fenolici fino al 50%. La maggiore concentrazione di biocomposti nella buccia del tubero biologico non si è però tradotto in una maggiore attività inibitoria della crescita radiale dei due funghi da parte degli estratti grezzi ottenuti. Questi risultano comunque attivi con una percentuale che supera il 30% su Fusarium graminearum da parte dell’estratto grezzo della buccia di Lady Claire. Lo studio ha inoltre condotto all’individuazione per la prima volta della componente fenolica come la maggior responsabile dell’attività fungicida su Fusarium.
È stato inoltre messo a punto un test che consente, sull’attività antiossidante della buccia, di discriminare velocemente le bucce con maggiore componente fenolica. Il progetto SUSinCER ha sviluppato, nei quattro anni di studio, un piano di comunicazione che ha inoltre consentito di sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi legati all’agricoltura circolare. Ambito inteso non solo come riduzione dei rifiuti, ma anche come riutilizzo di essi. L’attività di comunicazione è consistita anche nell’aggiornamento di tutti gli attori della filiera sulle potenzialità degli strumenti che il progetto sta realizzando.
Lo sviluppo di video-tutorial e di pillole di scienza, accompagnato dalla realizzazione di numerosi eventi di divulgazione scientifica, ha permesso di raggiungere gli obiettivi prefissati (Susincer.crea.gov.it). In conclusione, i risultati ottenuti in laboratorio hanno preliminarmente gettato le basi per una sperimentazione in pieno campo che potrebbe consentire in ultimo di aumentare l’efficienza del processo industriale, generando un valore aggiunto nella produzione di un biofungicida sostenibile.
Il residuo dello scarto, una volta privato dei principi ad attività biocida, potrebbe inoltre essere reintrodotto nel biodigestore mantenendo pressoché inalterate le caratteristiche necessarie per la produzione di biogas. Un processo definito a Cascading, che prevede una successiva separazione di molecole ad alto valore aggiunto in modo che solo il residuo finale sia applicato nel biogas per la produzione di bioenergie.
L’articolo è presente sul numero di marzo 2025 di Mondo Agricolo, la rivista dell’agricoltura
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