L'intervista è disponibile sull'ultimo numero di Mondo Agricolo on line.
Di Gabriella Bechi
L’associazione nazionale bieticoltori (ANB) aderisce a Confagricoltura ed entra a far parte del comitato direttivo dell’Organizzazione. Ne abbiamo parlato con il presidente Guglielmo Garagnani, che è anche vicepresidente del gruppo GCBI, nonché presidente di Confagricoltura Bologna.
Presidente, qual è il significato di questo passaggio?
La vicinanza di ANB a Confagricoltura è storica, risale alla sua nascita, oltre cento anni fa, quando era punto di riferimento del settore bieticolo saccarifero, ed è proseguita all’indomani della riforma dell’OCM zucchero, nel 2006, quando fu deciso di intraprendere un percorso di ampliamento delle attività, mettendo a disposizione degli agricoltori le proprie competenze e risorse per costruire occasioni di aggregazione e valorizzazione delle produzioni agricole in modo innovativo, puntando sulla produzione delle agroenergie. Ritengo pertanto questa adesione il naturale punto di arrivo di un percorso iniziato molti anni fa.
Un percorso avviato con successo nel 2010 con un progetto sul biogas unico in Europa.
Si. L’idea fu quella di valorizzare a fini energetici il sottoprodotto degli zuccherifici, ossia le polpe di barbabietola surpressate derivanti dal processo di estrazione del saccarosio, di spettanza dei soci. In questo modo è stato possibile integrare il prezzo industriale della barbabietola di circa il 20%, rendendo economicamente sostenibile sia la coltivazione, sia la filiera dello zucchero italiano. In questo percorso Confagricoltura è sempre stata il punto di riferimento politico sindacale. E lo è più che mai oggi tenuto conto dell’importanza che hanno assunto le energie rinnovabili, del complesso quadro normativo in cui ci troviamo ad operare e delle prossime scadenze del PNRR.
Quali obiettivi si prefiggono le due associazioni?
Favorire progetti economici capaci di incrementare il reddito degli agricoltori, accrescendo anche la sostenibilità ambientale, attraverso la creazione di efficienti filiere agroindustriali (cereali e proteaginose, biogas, biomasse e biometano), in grado di dare un contributo importante alla crisi energetica del Paese, diminuendo la nostra dipendenza dalle importazioni di gas dai mercati mondiali. ANB mette a disposizione le proprie competenze tecniche e Confagricoltura la sua forza politica e sindacale.
Come si articoleranno questi progetti?
Si articoleranno lungo quattro direttrici: accelerare la riconversione degli impianti biogas agricoli esistenti verso la produzione di biometano; realizzare nuovi impianti biometano puntando sul progetto Agri.Bio. Metano che, di fatto, promuove società agricole consortili nelle quali i soci conferiscono l’intero fabbisogno necessario all’alimentazione dell’impianto; favorire la costruzione di impianti a biogas di piccola scala da 300kW di potenza. Infine, contribuire alla crescita del fotovoltaico in agricoltura, aggregando le aziende per accrescere la forza contrattuale e ottenere le migliori condizioni del mercato nelle diverse fasi della realizzazione fino alla messa in esercizio.
ANB insieme a CNB è rappresentata da CGBI, la Confederazione generale Bieticoltori italiani, di cui lei è attualmente vicepresidente e che ha recentemente rinnovato i vertici e ridefinito le proprie linee strategiche.
CGBI, secondo gruppo in Italia per numero di impianti biogas e potenza installata: 20 partecipati - fra cui l’ultimo acquisito che è il biogas GEAM a Ruda (Udine) - 26 in gestione diretta e più di 200 in assistenza e consulenza, nell’ assemblea che si è svolta a Ravenna il 14 luglio 2021, ha eletto presidente Gabriele Lanfredi ed ha annunciato le nuove linee strategiche incentrate sulla rivoluzione verde e l’economia circolare, sulla produzione di energia pulita da sottoprodotti di origine agricola e reflui zootecnici, mettendo sul tavolo oltre 130 milioni di euro di investimenti programmati e la costruzione di 25 impianti di biometano agricolo in cinque anni.
Perché puntate soprattutto sul biometano?
Il biometano è una valida scelta per valorizzare al meglio i sottoprodotti agricoli. Certamente è una filiera più complessa di quella del biogas, ma il quadro normativo si sta evolvendo, anche grazie alle misure contenute nel PNRR. La decarbonizzazione è il tema centrale della politica ambientale nazionale ed europea e nel trasporto merci e nella mobilità pubblica il biometano avanzato, che proprio dai reflui zootecnici e dai sottoprodotti agricoli, come polpe di barbabietole, vinacce, sansa, pollina trae la sua principale materia prima, rappresenta il principale carburante, da fonti rinnovabili, impiegabile nel breve-medio termine.
Le aziende zootecniche assumeranno un ruolo centrale in questo percorso?
Si, le aziende zootecniche saranno in prima linea nella rivoluzione green, con la valorizzazione degli effluenti da allevamento nel trattamento di digestione anaerobica. Non solo, il contributo dell’allevatore alla riduzione delle emissioni in atmosfera si configura anche nell’implementazione dei più moderni sistemi di distribuzione e interramento del digestato in grado di ridurre drasticamente l’uso dei concimi chimici e aumentare la sostanza organica nel suolo. I nuovi impianti di biometano agricolo, grazie agli interventi previsti nel PNRR, possono realizzarsi sotto forma di poli consortili per il trattamento centralizzato di digestati ed effluenti zootecnici. La gestione dei reflui si trasforma quindi da problema ad opportunità.
Quali sono stati gli ostacoli che hanno rallentato negli anni lo sviluppo delle agroenergie?
La follia burocratica, che ha reso particolarmente complessa la costruzione degli impianti e i regimi degli incentivi, che hanno creato sempre una situazione di incertezza, che ha reso difficile ogni tipo di programmazione degli investimenti. Un esempio per tutti: nel 2027 termineranno gli incentivi per gli impianti a biogas elettrico e non si sa assolutamente che fine faranno, tra questi, quelli che non potranno essere convertiti a biometano; e sono tanti. Il risultato di questa follia è la dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero, di cui oggi tutti vediamo le drammatiche conseguenze.
Transizione ecologica ed energetica possono andare quindi di pari passo. Qual è la ricetta?
Dare vita ad un processo virtuoso capace di portare un valore aggiunto non solo in termini di sostenibilità ambientale, ma anche di competitività delle imprese, innovazione tecnologica, ricerca e sviluppo, aumento dell’occupazione. In tale contesto è necessario assegnare un ruolo importante alle iniziative che prevedono una forte sinergia tra agricoltori, al fine di assicurare la sostenibilità economica degli impianti e un reale sviluppo dell’economia circolare.