L’indagine di Palazzo Della Valle sulla domanda di manodopera straniera da parte dei territori
Quanto personale, in quali periodi verrà usato e in quali comparti. Questi sono alcuni dei temi dell’indagine che Confagricoltura ha condotto tra le Federazioni regionali e le Unioni provinciali per fare una stima reale del fabbisogno di manodopera tra le aziende associate. Al centro del questionario (che ha visto la partecipazione del 90% delle sedi) ci sono le quote del nuovo decreto flussi (in via di emanazione) sugli ingressi di manodopera straniera, che per l’anno 2022-23 stabilisce l’arrivo di 69.700 lavoratori, di cui 42mila destinati ai settori agricolo e turistico-alberghiero. Numeri che non risolvono la ormai cronica carenza di personale a cui il settore primario prova a reagire anche con accordi bilaterali. Come nel caso del protocollo d’intesa tra il presidente della Confederazione, Massimiliano Giansanti, e il ministro del Lavoro della Repubblica di El Salvador, Oscar Rolando Castro, per la semplificazione delle procedure di assunzione dei lavoratori provenienti dal Paese sudamericano. Quote riservate. L’ultimo decreto flussi ripropone la formula già collaudata delle quote di manodopera destinate alle associazioni delle parti datoriali (aspetto promosso dal 70,26% dei rispondenti).
Numero di lavoratori. Il 22,37% delle Unioni provinciali e delle Federazioni regionali ha fatto richiesta di manodopera tra le 50 e le 100 unità. La percentuale sale al 51,32% per la fascia tra 0 e 50. Numeri più ridotti per le domande tra i 100 e i 200 addetti, che rappresentano il 15,79% dei partecipanti al questionario. Seguono la forbice tra i 200 e i 400 lavoratori (Calabria, L’Aquila, Foggia, Cuneo, Ferrara, pari al 6,58 % dei rispondenti) e quella tra i 400 e gli 800 (il 3,98 %: Verona, Bolzano, Catanzaro).
Stabilizzazioni dei contratti. Interessanti anche le risposte sulle prospettive di stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato - tipologia che, scrive l’Eban nel suo ultimo rapporto, rappresenta il 90% degli 1,4 milioni di contratti del 2021 -. Le prospettive di un passaggio al tempo indeterminato sono nel Centro-Nord Italia, in zone come quella del cuneese, Grosseto, Viterbo e Treviso. Per il 71,23% dei rispondenti tale prospettiva interessa un massimo di 10 lavoratori; mentre per il 15,07 % la conversione del contratto riguarderà dalle 20 alle 50 unità. Percentuale, questa, superiore a quella relativa alla forbice che va dai 10 ai 20 operai, ferma, invece, al 10,96 %.
I periodi. Il quesito relativo ai periodi per i quali è richiesto il personale non italiano svela una pianificazione del lavoro che, partendo dalla primavera appena conclusa, arriva fino al giugno 2023. Riguardo al 2022, il 72,97 % risponde che la manodopera richiesta verrà utilizzata nel terzo trimestre dell’anno; il 45,95 % indica invece il quarto trimestre. Per il prossimo anno, i lavoratori saranno impegnati in particolare nel secondo trimestre (55,05 % delle risposte) e nel primo (33,78 % dei rispondenti).
Le produzioni. Il comparto che esprime il maggiore fabbisogno di manodopera è la zootecnia, con il 44,59% delle strutture partecipanti all’indagine. Seguono la vitivinicoltura (45,95 %), l’orto-florovivaismo (40,54 %), la frutticoltura (39,19 %), le coltivazioni erbacee (18,22 %), l’olivicoltura (16,22 %). Un altro 21,62 % degli intervistati ha invece indicato come aree di impiego della manodopera richiesta: grano, pomodori, piccoli frutti e selvicoltura.
Di Francesco Bellizzi
L'articolo è on line su Mondo Agricolo https://www.confagricoltura.it/ita/mondo-agricolo