L'articolo è presente sul numero di aprile di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
Di Anja Zanetti
Vicino Ragusa si trovano i tredici ettari dell’azienda di Roberto Floridia e Edoarda Anzaldo, produttori di un liquore pluripremiato. “Il prossimo passo sarà un caseificio”.
Carrubi, ulivi, l’odore della lana di pecora che punge il naso come la liquirizia, il mare a pochi chilometri. A Contrada Zannafondo, Ragusa, si trovano i tredici ettari dell’azienda agricola Verso le Origini, tra le realtà presenti al Cibus di Parma con il proprio marchio Nativi. Un nome che è già una promessa: quella di un viaggio alla riscoperta del passato, all’insegna dell’autenticità e della qualità del poco, fatto bene. Il legame con il territorio è il filo di seta che unisce le diverse produzioni in cui si cimentano i due fondatori, Roberto Floridia, e sua moglie, Edoarda Anzaldo.
Hanno iniziato nel 2019 con le pecore di razza barbaresca siciliana, una specie in via d’estinzione. “Sono partito in macchina e ho continuato a piedi, dove la strada diventava sentiero, per recuperare quattro capi in purezza. Ora ne abbiamo trentotto, iscritti al Libro genealogico e parte di un piano regionale di selezione genetica”, ci racconta Roberto. Accanto alle pecore, per governare il gregge, la coppia ha scelto lo Spino degli Iblei, un antico cane da pastore, autoctono dei monti siciliani.
Appena dopo, si sono dedicati alle uova. Roberto non ne mangiava più da trent’anni: “Non mi piaceva il gusto. Tutto è cambiato quando ho scelto le mie galline, da lasciare libere nei campi. Siccome il risultato era soddisfacente, abbiamo avviato una produzione e ora siamo presenti in venticinque punti vendita di zona”. Gli animali a Zannafondo crescono allo stato brado e anche gli alberi non sono impiantati, stanno lì da secoli. Con le foglie dei carrubi e degli ulivi, la famiglia Nativi ha lanciato Ulibbo, liquore pluripremiato nel mondo. “Non è stato semplice - prosegue Roberto, che è un vulcano di idee, ma tiene a parlare sempre al plurale -. Per affinare un’antica ricetta di famiglia, trovando il giusto equilibrio tra i sapori, ci sono voluti tre anni. Poi è arrivato il Covid. Abbiamo avviato la commercializzazione di Ulibbo in piena pandemia, con le restrizioni in vigore. Eppure, il liquore è piaciuto e ha vinto diversi riconoscimenti”.
Nel 2022, primo classificato al “Golosario Award”, all’interno di Vinitaly; nel 2023, medaglia d’argento per la categoria liquori al “World Drinks Award” di Londra e miglior liquorificio di Sicilia al “Sicily Food Award”. Nel 2024, miglior liquorificio d’Italia e al secondo posto nelle categorie “Miglior liquore alle erbe” e “Miglior digestivo” a livello mondiale. Una grande soddisfazione, soprattutto per Roberto, che ha avviato questa seconda attività in parallelo a una carriera già consolidata come architetto. Il prossimo passo? “Un caseificio. Voglio produrre un pecorino puro, mono-razza. Amo riproporre il passato, ma deve trattarsi di un prodotto inedito, che non si trovi da altri”. Qui gli scappa la prima persona singolare, ma specifica subito che senza sua moglie Edoarda non avrebbe combinato niente: “La dimensione di coppia è fondamentale, ci stimoliamo reciprocamente”.
Gli chiediamo come possano coesistere due professioni apparentemente così diverse, l’architettura e l’agricoltura, e come si influenzino tra loro. “Come architetto ho girato il mondo, frequentando molto l’area mediterranea e il nord Africa. Ovunque andassi rimanevo affascinato dalle botteghe, dai mercati e dalla relazione tra la piccola distribuzione e le produzioni agricole locali. Da qui è scaturita la voglia di ricercare e riproporre prodotti del territorio, nella loro versione più autentica. Così siamo partiti con il nostro progetto”. Un sogno nel cassetto? “Sono un sognatore nato. Man mano che sogno realizzo, ma non vi posso svelare il prossimo”.