L'articolo è presente sul numero luglio-agosto 2024 di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
Mercati (Aboca): “Si pensa all’agricoltura solo per quel che serve all’uomo. Invece no: l’agricoltura fa soprattutto respirare la terra”.
di Anja Zanetti
“La bischerata più grossa è chiedersi a cosa serve la vita. La vita è bella: dobbiamo tendere a vivere, questo è già sufficiente”. Si è conclusa così la chiacchierata con Valentino Mercati, imprenditore visionario che nel 1978 fondò Aboca nell’omonima località a Sansepolcro, in provincia di Arezzo. All’epoca, Mercati, che veniva da un’esperienza imprenditoriale assai diversa, nell’automotive, decise di concentrarsi sulla produzione di rimedi naturali, partendo da un assunto: la natura ci fornisce tutto ciò che serve per il nostro benessere e la nostra salute. Dopo quasi mezzo secolo sono cambiati gli strumenti, ma la visione di Aboca, nel frattempo di-ventata un Gruppo con oltre 1400 dipendenti in Italia e all’estero, è rimasta la stessa: persone e natura parlano lo stesso linguaggio, quello del DNA. Oggi, siamo di fronte a un’eccellenza italiana, che si occupa di ricerca, sviluppo e produzione di dispositivi medici e integratori alimentari, al cento per cento naturali e biodegradabili, operando su 1700 ettari di superficie e coltivando più di 60 specie di piante medicinali. La nostra conversazione è partita proprio dall’agricoltura, per capire meglio il rapporto tra materia prima e prodotto finito nell’esperienza di Aboca.
Qual è il contributo dell’agricoltura al vostro modello?
L’agricoltura, in questo momento storico, viene trattata come la “Cenerentola” del sistema; eppure, l’agricoltura è vita. Si pensa all’agricoltura solo per quel che serve all’uomo; invece, no: l’agricoltura fa soprattutto respirare la terra. Nessuna attività come l’agricoltura è al primo posto nella vita. Peccato che a volte l’agricoltura stessa non lo capisca. Noi di Aboca scegliamo un’agricoltura senza chimica, né OGM, in equilibrio con le regole della vita, rispettosa del sistema di cui fa parte. La scienza ce lo consente. Per questo crediamo che servano politiche a supporto della scienza, politiche che conoscano e capiscano la natura e l’agricoltura, per tutelarle. Il controllo di tutta la filiera sembra essere un elemento chiave del vostro sistema. Che vantaggi dà questo approccio? Per noi è indispensabile internalizzare per essere certi che vengano rispettati la nostra visione ei nostri valori. I pochi fornitori esterni devono condividere il nostro approccio in toto. Compriamo all’estero solo una minima parte delle materie prime che impieghiamo, quelle che non riusciamo a produrre in Italia. Ma ci stiamo attrezzando anche per questo.
Ci spiega il concetto di One Health, che vi caratterizza?
“One Health”: la salute che corrisponde all’equilibrio del tutto. Non si può essere sani in un mondo malato. Siamo dentro un sistema, dove intervengono fattori epigenetici e genetici che non dipendono da noi. Però dobbiamo essere consapevoli che, se non sta bene la formica, non stiamo bene nemmeno noi. Ogni essere animato e non animato ha il suo compito e deve poterlo esprimere. La mia regola è sempre stata quella di capire: capire che c’è un’intelligenza naturale, superiore. Ritengo questa umiltà necessaria. La natura è fatta di reti che si connettono una con l’altra: questo è il sistema. Quando una rete si interrompe c’è lo squilibrio dell’equilibrio e ci si ammala.
Quanto incide la ricerca scientifica sulle materie prime che utilizzate e sul vostro prodotto finito?
Moltissimo. I primi tempi Aboca era solo ricerca. Le nuove frontiere di oggi sono le nuove tecnologie applicate ai segreti della vita. L’ intelligenza naturale programma il caos. La sfida dell’intelligenza artificiale è governare il caos. E qui torna l’umiltà di conoscere: ogni vita è diversa, ma possiamo comprendere i parametri che si ripetono. Questo è un punto focale dell’organizzazione: oggi con la scienza si può fare. Si cerca la probabilità. Possiamo avere dei range di probabilità. Sembra filosofia, ma è un concetto per noi fondamentale e ci lavoriamo da 40 anni. ESG, B Corp: Aboca mette la sostenibilità al centro da tempi in cui non era così usuale.
Cosa c’è alla base della sua intuizione di curarsi con le sostanze vegetali?
L’impresa non può solo prendere, deve anche dare. In questo modo il ritorno è più grande. L’impresa è un servizio più che una mera attività di lucro. Questo approccio garantisce un successo sicuro. Io sono nato con l’approccio di Olivetti. Mettersi l’etichetta della B Corp senza spirito di servizio equivale a un doppio fallimento. Nel suo passato ci sono le automobili.
Come si passa dall’automotive alle piante medicinali?
Ho fatto tanti lavori, ma quando si fa l’imprenditore il lavoro è sempre lo stesso. Ho voluto portare sempre innovazione in quello che ho fatto. Volevo cambiare usi e consuetudini sbagliate. Fare l’imprenditore senza umiltà e fatica è impossibile. La prima regola è essere capaci di servire.
Il gruppo Aboca chiude il 2023 con una crescita sull’anno precedente a due cifre, vicina al +20%. Siete soddisfatti? Quali obiettivi vi date per il futuro in termini di mercato?
Dobbiamo riequilibrare. Se non riequilibriamo il sistema la crescita non è fisiologica. La crescita va sempre trattata con attenzione. Il progetto è condividere. L’aspirazione è che quello che a noi sembra virtuoso diventi virtuoso per tutti.