Non si fermano i ritrovamenti di cinghiali positivi alla Psa (Peste suina africana). Dopo gli ultimi casi accertati in Piemonte e Liguria, i più recenti in provincia di Savona, la probabilità che i contagi possano trasmettersi agli allevamenti di suini aumentano. E quello che poteva sembrare un rischio sotto controllo, grazie alla recinzione costruita tra Liguria e Piemonte per sbarrare la strada al virus, e gli interventi di depopolamento, annunciati ma mai entrati nel vivo delle operatività, comincia a non sembrare più tale.
Lo segnala Rudy Milani, presidente della Federazione nazionale di prodotto suinicoltura: “Siamo molto preoccupati perché la mappa dei contagi si sta spostando verso le zone suinicole più vocate e perché non condividiamo l’approccio del Governo di affidare la gestione del problema della Psa alle Regioni. È in gioco la sopravvivenza di un comparto dell’agroalimentare italiano di qualità che vale, solo alla produzione 10 miliardi di euro. Se la Psa dovesse avanzare ancora sarebbe una catastrofe, non solo per il settore primario, ma anche per le produzioni Dop della pregiata salumeria italiana”.
Milani fa un lucido bilancio sulle contro-misure messe in atto per contrastare la diffusione del virus nei cinghiali: “Nei tredici mesi all’interno dell’area rossa, la zona ad alta positività, si è visto che i casi di positività alla Psa dei cinghiali sono raddoppiati. Abbiamo cominciato il 6 gennaio scorso con i 114 Comuni inseriti nell’area rossa, oggi abbiamo anche 2 Comuni dell’Emilia-Romagna in area rossa, a cui si sono aggiunti i 10 Comuni della provincia di Cuneo inseriti in area buffer. Questo sta dimostrando l’inefficacia delle reti di contenimento. E non reggono non perché i cinghiali le abbattono, ma perché i cancelli vengono aperti e non chiusi o le reti vengono addirittura portate via per recuperare il materiale utilizzato. Sulla questione delle reti di contenimento è l’ora di smetterla di raccontarci delle frottole”.
Un altro dato fa capire la portata di questa emergenza annunciata: “Tra positività alla Psa accertata tramite segnalazione o tramite sorveglianza attiva sappiamo – ha aggiunto il presidente della Federazione nazionale di prodotto – che il 95% è riconducibile alla prima modalità. Questo significa che nessuno, oggi, va alla ricerca del cinghiale infetto e anche che le azioni di depopolamento annunciate non si sono mai tradotte in interventi concreti. In un recente incontro al ministero si è scoperto che la maggioranza degli abbattimenti sono stati eseguiti in Lombardia, unica regione che si è mossa in questa direzione per ridurre il rischio di trasmissione del contagio”.
Milani ha sottolineato anche la portata di una eventuale diffusione della Psa: “Se la mappa dei casi di positività dovesse allungarsi verso ovest potrebbe coinvolgere la provincia di Cuneo che conta 1 milione di animali allevati. Se, invece, dovesse spostarsi verso est, come sta succedendo, e avvicinarsi alla provincia di Parma, dov’è anche il Comune di Langhirano, è a rischio l’export dei Prosciutti di Parma, pari al 30% del totale della produzione della provincia”. (Francesca Baccino)