Dopo le fragole, le ciliegie e le pesche, è partita anche la raccolta dei piccoli frutti e in particolare delle more. Per ora solo quelle sotto tunnel, perché quelle a campo aperto, a causa delle piogge continue, sono in ritardo con la maturazione.
“La stagione è partita con il piede giusto”, spiega Damiano Valerio, azienda agricola a Raldon, della sezione frutticoltori di Confagricoltura Verona e vicepresidente dell’Associazione fragolicoltori della pianura veronese. “I frutti sono sani e belli, come le fragole. È arrivata la manodopera dall’Est europeo e quindi stiamo raccogliendo a pieno ritmo, anche se comunque io ho mantenuto nella mia squadra anche sei italiani, perlopiù camerieri che hanno perso il lavoro a causa dell’emergenza Covid. Le more stanno avendo una buona richiesta: le mandiamo soprattutto in Trentino e Alto Adige, dove il consumo è molto alto. Tra un mese partiremo con i mirtilli e vedremo come andrà. Ci auguriamo che sia come con le fragole, che in questo momento ci vengono pagate 3,50 euro al chilo. Un prezzo buono dovuto al fatto che quest’anno non abbiamo concorrenza straniera: la Germania e il Belgio, che l’anno scorso avevano esportato molto prodotto in Italia, quest’anno ne hanno poco e lo vendono per il consumo interno. Quindi sul mercato nostrano ci sono solo fragole veronesi e di montagna. E così dovrebbe essere sempre, sia per motivi di freschezza che di qualità”.
Dettagliata l’analisi di Matteo Scandola, consigliere e socio fondatore del consorzio di produttori Aurora Fruit, che riunisce 25 produttori di piccoli frutti (fragole, lamponi, mirtilli, more, ribes rosso, ciliegie) per un totale di 150 ettari tra provincia di Verona e Trentino e 2,5 milioni di chili commercializzati in Italia e all’estero: “La situazione è stata drammatica per le raccolte a causa del coronavirus – spiega -. Ci siamo arrangiati con personale italiano, ma non potendo contare sull’abituale manodopera specializzata abbiamo subito costi pari al 20 per cento in più. Ora stiamo uscendo dell’emergenza e siamo contenti perché il mercato sta rispondendo bene con l’assorbimento del prodotto, soprattutto sul fronte dei supermercati dove le vendite sono stabili grazie ai favori del consumatore, che apprezza sempre di più questi piccoli frutti consigliati dai dietologi e dai medici. La concorrenza straniera c’è: tanta Spagna, a prezzi bassi, come sempre. Ma anche loro hanno avuto problemi con la chiusura delle frontiere e comunque per noi la concorrenza è stimolante, perché ci spinge a fare ricerca con il nostro reparto tecnico sulle nuove varietà e ad essere sempre più professionali. Molto dobbiamo a Ilario Ioriatti, che ha inventato il mercato dei piccoli frutti in Italia ed è stato direttore dell’associazione trentina Sant’Orsola”.
Ilario Ioriatti, figura di riferimento e memoria storica del settore, ha visto e vissuto l’evoluzione dei piccoli frutti nella provincia di Trento e oggi è a capo di Berry Verona, azienda leader nel settore che coltiva e vende piante di oltre 2 anni di lamponi, more, mirtilli, fragole e ribes a vivaisti, aziende agricole e privati: “Vendiamo annualmente 500.000 piante in tutta Italia – spiega -. I piccoli frutti sono prodotti che hanno un trend di consumo tra i più elevati al mondo, basti dire che negli Usa i mirtilli sono il primo frutto in classifica e che l’Inghilterra sta seguendo la scia. Verona sta crescendo, conquistando terreno con la coltivazione sotto tunnel come con le fragole, e si è posizionata in una buona finestra produttiva in giugno, cioè quando i piccoli frutti sono finiti al Sud e non è ancora iniziata la raccolta nel Nord Europa”.
La superficie dei piccoli frutti nel Veronese è passata dai 119 ettari del 2015 ai circa 200 attuali. I prezzi pagati ai produttori sono decisamente soddisfacenti.