“Frutta dell’avvenire”, “marmellata di gloriosi defunti”, “spezzatini di passato con piselli esplosivi in salsa storica”, o “caprese” (termine usato nel 1920 per la prima volta per indicare la pietanza con pomodoro, basilico e mozzarella). Sono fantasiosi e tutti proiettati verso l’avvenire i piatti della cucina futurista di Marinetti.
Ma c’è anche la “salsa di smeraldo”, neologismo di Farfa, (pseudonimo di Vittorio Osvaldo Tommasimi), che rende bene l’idea e altro non è che il pesto ligure. E’ dedicato proprio a Farfa - ossia “farfalla”, ma anche “miliardario della fantasia” come usava chiamarsi - triestino di nascita e savonese d’adozione, il libro di Silvia Bottaro (ex direttrice della Pinacoteca di Savona e critica d’arte) “Vite di Farfa” che verrà presentato il 29 ottobre, a Roma, presso il Ministero dei Beni Culturali, Sala Spadolini, alle ore 17.
Meno conosciuto in Italia, molto più noto e apprezzato all’estero, la poesia di Farfa ricorda le filastrocche di Dario Fo e tra i due ci fu anche frequentazione e stima reciproca. Non fu solo poeta però, ma soprattutto pittore, ceramista, fotografo e cartellonista, fondatore con Marinetti di un gruppo futurista nel 1919.
Farfa è sempre stato attratto dall’agricoltura ed è stato l’organizzatore - nel 1956, a Losanche, in Val d’Aosta, dove passava l’estate - del concorso di bellezza Miss Rastrello, una parodia del concorso di Miss Italia. “Farfa era colpito – si legge nel libro di Bottaro – dal lavoro che tradizionalmente si svolgeva per tagliare il fieno e dal profumo che quelle erbe emanavano all’intorno tanto da scrivere: L’aria è tutta profumata/ del buon fieno già falciato/ dalle donne rastrellato/ sotto il sole alto qua. Per vincere il concorso non contava la bellezza ma l’abilità delle giovani, dai 15 ai 25 anni, nell’usare il rastrello.
Il miliardario della fantasia osserva infatti “il lavoro metodico nei gesti, quasi rituali, cadenzato con il rastrello di legno usato dalle donne nella Valle, spesso giovani, per raccogliere, ravvivare l’erba essiccata al sole, poi immagazzinata per alimentare gli animali nella stalla”. (F. B.)