di Raffaele Cirone
L'articolo è disponibile sull'ultimo numero di Mondo Agricolo, cartaceo e on line
Per capire com’è diventato e come sta ancora cambiando il mondo delle api non basta dare uno sguardo agli alveari, che di certo soffrono e ci raccontano come anche il comparto apistico sia messo ogni giorno a dura prova. Già gravata da storici problemi strutturali – elevata età degli addetti, polverizzazione dell’offerta, patologie e predatori sempre in agguato, concorrenza del miele extracomunitario - l’apicoltura italiana si trova oggi a fare i conti con una fase che gli addetti ai lavori non esitano a definire di “cambiamento epocale”.
Materie prime sempre più costose (legno, acciaio, vetro), produttività in continua diminuzione, costi energetici proibitivi sono le variabili impreviste che negli ultimi tempi stanno inducendo anche gli imprenditori apistici a ridimensionare, se non addirittura abbandonare, la loro attività.
Anche la Federazione Apicoltori deve dunque confrontarsi con le nuove necessità del comparto, ed è davvero così che stanno le cose. A cominciare dalle criticità produttive che sono diretta conseguenza del cambiamento climatico. Gli ultimi tre anni sono stati disastrosi per la produzione italiana di miele: eventi calamitosi avversi, in particolare vento, gelo, grandine, hanno compromesso le fioriture primaverili di pregio e i bilanci delle aziende apistiche si sono ridotti drasticamente.
È venuto dunque al pettine il nodo della mancanza di strumenti di compensazione e, grazie alla equiparazione civilistica della figura dell’apicoltore a quella dell’agricoltore, sebbene senza terra, è stato possibile assegnare intanto risorse al fondo nazionale per le calamità. Dunque le mancate produzioni degli apicoltori possono essere indennizzate in mancanza di adeguata copertura assicurativa. Rischi che comunque vanno coperti e che i Confidi si apprestano a garantire con specifiche polizze.
Gli incentivi in legge di bilancio
Nella fase di transizione, anche grazie alle sollecitazioni e all’azione politica promossa dalla FAI, arriva ora il provvedimento previsto con la legge di bilancio 2022 che ha disposto aiuti diretti alla filiera apistica nazionale. Una novità che tutti gli apicoltori attendevano da tempo e che l’Agea, su incarico del Mipaaf, è stata chiamata a gestire ed erogare. I contributi ammontano a 6,95 milioni di euro e sono diretti a compensare le perdite subite o i maggiori costi affrontati nella stagione 2021. Possono accedere all’aiuto gli apicoltori, in forma singola o associata, che al 31 dicembre 2021 hanno provveduto al censimento dei propri alveari in Banca dati dell’anagrafe apistica nazionale (BDN). È già disponibile online la modulistica predisposta da Agea per le domande che dovranno fare riferimento al Fascicolo Aziendale (obbligatorio per ciascun beneficiario) e che saranno poi incrociati
con quelli del SIAN e della BDN. L’incentivo sarà erogato per la pratica dell’impollinazione, da certificare in base al numero di alveari utilizzati nell’attività svolta in seno ad una azienda agricola e sarà pari a 20,00 Euro/alveare.
Le domande da presentare ai CAA
L’incentivo per la pratica dell’allevamento apistico e del nomadismo sarà distribuito ad apicoltori stanziali e nomadi al fine di un parziale ristoro per i maggiori costi sostenuti ai fini della movimentazione di alveari e della alimentazione succedanea di soccorso; tale incentivo sarà assegnato in base al numero di alveari denunciati in BDN e sarà pari a 40,00 Euro/alveare.
I beneficiari potranno presentare le domande per il riconoscimento dell’aiuto ad Agea tramite i Centri Autorizzati di Assistenza Agricola e la domanda dovrà essere presentata a partire dal 31.10.2022 ed entro e non oltre il 14.11.2022. Un’occasione da non mancare e, ricorda la FAI, un ulteriore importante passo verso il processo di piena integrazione tra la figura dell’apicoltore a quella dell’agricoltore. Anche questo, in punta di diritto, un cambiamento epocale.