L'articolo è disponibile sull'ultimo numero di Mondo Agricolo online
di Marco Franco Franolich (direttore nazionale dell’Ente Produttori Selvaggina)
La ultratrentennale legge “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (L. 157/92) ha rilevato da subito le sue fragilità nel fornire indicazioni adatte a perseguire una gestione della fauna selvatica in sintonia con le attività agricole. Le mutazioni del territorio negli ultimi cinquanta anni hanno contribuito, inoltre, a ricorrere ormai in modo costante a metodi alternativi al prelievo venatorio. I ministri Pichetto Frattin e Lollobrigida - preso atto degli eventi che sempre più aggravano la situazione (Peste Suina, gestione del cinghiale e predatori) - al fine di limitare le lacune dell’attuale legge, hanno firmato il decreto per attivare un Piano straordinaria quinquennale per la gestione e il contenimento della fauna selvatica (come previsto dall’art. 19 ter della legge 157/92 introdotto dalla legge di bilancio 2023). Dal punto di vista operativo le indicazioni sono ora nelle mani delle Regioni che, entro e non oltre 180 giorni, dovranno approvare i già menzionati piani o integrare quelli esistenti o in corso di approvazione in base alle previsioni contenute nel Piano straordinario. Pertanto, sino a quando i nuovi piani non saranno approvati, continueranno ad essere vigenti quelli già approvati. Peculiarità del Piano è quella di fornire uno strumento programmatorio sia del contenimento numerico della fauna selvatica nel territorio nazionale mediante abbattimento e cattura, sia delle attività di gestione. Chiari i riferimenti al prelievo selettivo, fattore prioritario e inderogabile che permette di intervenire in manie ra mirata sugli individui che, effettivamente, sono la causa delle problematiche riscontrate o sulle classi di sesso ed età che determinano la dinamica di una popolazione selvatica. Il coordinamento sarà gestito a livello regionale (CUFA, Regione, Polizia provinciale, Corpo forestale Regionale o altro personale d’istituto), ad eccezione del contenimento della fauna selvatica all’interno delle aree protette regionali che spetterà all’ente gestore. Resta inteso che le Regioni (ai sensi dell’articolo 19-ter, comma 4, della legge n. 157 del 1992) potranno coinvolgere nell’attuazione degli interventi: polizia provinciale e locale, guardie venatorie, Corpi forestali regionali e forestali; società private, ditte specializzate o operatori professionali, cooperative e singoli professionisti, previa frequenza di appositi corsi predisposti dall’Ispra e muniti di licenza per l’esercizio venatorio nel caso di abbattimenti con armi da fuoco ove previsto dalla legislazione regionale. Potranno, inoltre, essere coinvolti i cacciatori, previa frequenza di appositi corsi, sempre di competenza dall’Ispra, indipendentemente dall’Ambito Territoriale o dal Comprensorio Alpino in cui risultano iscritti, nonché dalla forma di caccia da questi prescelta. Oltre a loro, anche i proprietari e conduttori dei fondi, appositamente formati dall’Istituto e muniti di licenza per l’esercizio venatorio e i veterinari in servizio presso la sanità pubblica. Anche per questi vigono le stesse regole autorizzatorie e formative. Inoltre, per assicurare l’efficacia ed efficienza delle azioni di abbattimento e/o cattura, le Regioni possono estendere con legge regionale la platea degli operatori del controllo rispetto alla disciplina statale, includendo personale con adeguata formazione (in ottemperanza della sentenza n. 21 del 2021 della Corte Costituzionale). Il Piano dei due ministeri prevede indicazioni specifiche per la specie cinghiale. A causa dei focolai di Peste Suina, il Piano straordinario dovrà essere implementato coerentemente con la strategia di gestione di questa infezione virale (che colpisce i suini domestici e selvatici ma non è trasmissibile all’uomo) adottata dalle autorità sanitarie competenti, nonché con la relativa normativa vigente per la sua gestione. Sarà necessario, pertanto, attivare ed implementare la formazione del maggior numero di operatori possibili e fornire da parte loro un contributo di conoscenza sui rischi. Ma anche riguardo all’impatto causato dalla specie target sulle attività antropiche, sull’ambiente e sulla biodiversità, all’individuazione dell’ambito territoriale di intervento, alla definizione dei periodi di intervento nel corso dell’anno, agli eventuali metodi alternativi da mettere in atto. Sarà necessario anche contribuire a individuare figure competenti per l’attuazione del coordinamento degli interventi, verificare l’efficacia degli strumenti per la rimozione selettiva degli animali. Tutto ciò sarà possibile se in tempi brevi verranno uniformati i metodi per la raccolta e la verifica dei dati sulla gestione della specie e la loro informatizzazione. Da non dimenticare che la destinazione dei capi abbattuti verso una rete organizzativa che possa contare su filiere corte e riconducibili al territorio è un’opportunità da non sottovalutare per le nostre imprese.