Per completare la doppia transizione energetica e digitale nella UE servono investimenti per almeno 500 miliardi di euro l’anno. E’ la valutazione espressa da Mario Draghi nel corso di recenti incontri con i ministri delle Finanze degli Stati membri e con i presidenti delle Commissioni al Parlamento europeo, in vista della presentazione del rapporto sulla competitività dell’economia dell’Unione chiesto dalla presidente dell’Esecutivo di Bruxelles von der Leyen.
Le somme da mobilitare, secondo le indicazioni di Draghi, non sono compatibili con l’attuale dimensione del bilancio dell’Unione, che è nell’ordine dell’1% del prodotto interno lordo dei 27 Stati membri, ma allo stesso tempo superano anche le capacità di spesa a livello nazionale. Senza decisioni innovative e tempestive, il sistema economico europeo rischia una progressiva marginalizzazione.
La Commissione europea, intanto, alla luce delle tensioni in atto in ambito internazionale, ha annunciato la presentazione di un pacchetto di misure per la realizzazione di progetti di interesse comune in campo militare, facendo anche ricorso alle risorse del bilancio UE per un importo di 1,5 miliardi di euro nel biennio 2025-2027.
Dovrà poi essere affrontato il tema dei costi dell’adesione di Ucraina, Moldavia e di alcuni Paesi dell’area dei Balcani. Stando alle stime elaborate dal Segretariato generale del Consiglio della UE, solo l’estensione all’Ucraina della vigente PAC determinerebbe maggiori spese nell’ordine di 100 miliardi di euro in sette anni. A bilancio invariato, gli aiuti diretti destinati agli agricoltori dei 27 Stati membri dovrebbero essere tagliati del 20%.
Sono, quindi, numerose e tutte di assoluto rilievo strategico le questioni da trattare, in vista della presentazione, alla fine del prossimo anno, del progetto di bilancio pluriennale della UE dopo il 2027. Per affrontare in modo risoluto tutte le sfide, è necessario aumentare in misura significativa le risorse finanziarie proprie dell’Unione. O procedere in modo strutturale all’emissione di debito comune alla scadenza del “Next Generation EU”.
Anche le spese per l’agricoltura finiranno, inevitabilmente, sotto i riflettori delle istituzioni di Bruxelles. L’incidenza degli stanziamenti per la PAC sul bilancio totale è già stata ridotta della metà: dal 60 al 30%. Ulteriori tagli metterebbero a rischio l’efficacia della politica agricola e la capacità del settore di garantire, assieme alle altre parti della filiera, la sicurezza alimentare.
L’attenzione di Confagricoltura è ora concentrata sul cambiamento della PAC in vigore, troppo complessa sotto il profilo burocratico e inadeguata nell’ottica della tutela del reddito. A seguire, già nel contesto della campagna per le elezioni al Parlamento europeo, il massimo impegno sarà rivolto ad assicurare nei prossimi anni alla politica agricola una dotazione finanziaria rafforzata.
Le scelte sbagliate possono essere corrette, ma senza un bilancio adeguato alla base, nessuna politica può risultare funzionale al futuro dell’agricoltura e del sistema agroalimentare europeo.