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Mondo Agricolo news

Ovicaprini, Angela Saba: "Fondamentale remunerare di più la qualità delle produzioni"

26 May 2021
Ovicaprini, Angela Saba:

“E’ un settore oggi un po’ trascurato dalle istituzioni, anche se richiede un’elevata specializzazione. A suo sfavore gioca la polverizzazione degli allevamenti e la scarsa marginalità, ma anche una scarsa propensione agli investimenti e all’innovazione rispetto ad altre tipologie di allevamenti e la mancanza di ricambio generazionale”. A sottolineare i punti deboli dell’allevamento ovi-caprino è Angela Saba, neo presidente della Federazione nazionale di prodotto di Confagricoltura. “La figura del pastore resta importante anche se collegata a una cultura ancora ancestrale e arcaica. Il latte, ad esempio – spiega -  viene pagato poco, soprattutto nel caso di conferimento ad industrie di trasformazione private, e non in grado di remunerare tutto il lavoro dell’allevatore. I formaggi sono richiesti anche dalla Gdo, ma restano oggi ancora poco valorizzati. Occorrerebbe informare correttamente il consumatore su che cosa c’è dietro alla produzione di un formaggio di pecora e di capra. Ci sono - sottolinea - anche produzioni di nicchia che sono remunerate adeguatamente, ma in genere diventano più competitive seguendo canali diversi da quelli della Gdo".

E’ fondamentale, come fa notare Saba, poter puntare su un elevato livello qualitativo massimo e sull’attenzione del consumatore verso produzioni tradizionali, qualitativamente riconosciute e legate al territorio. Questo è il messaggio che deve passare per valorizzare la filiera ovicaprina, che vanta anche numerose certificazioni Dop e Igp: “Sia il livello di qualità del latte che quello della carne –  aggiunge Saba - sono sempre molto elevati grazie anche alla costante attenzione verso il benessere animale e i continui controlli eseguiti nelle nostre aziende agricole. La maggior parte degli allevamenti ovicaprini, inoltre, sono condotti con metodo estensivo perché gli animali sono lasciati generalmente bradi. Il buon latte lo si fa e lo si ottiene da un buon pascolo, da qui poi subentrano le problematiche della predazione che difficilmente trovano soluzioni a livello d Unione Europea, ma che mettono in ginocchio le tante aziende soprattutto montane che ogni giorno convivono con questa emergenza".

Altro nodo da sciogliere per il comparto è quello della lana che, in assenza di un mercato di acquisto,  viene considerata un rifiuto da smaltire: “Sono nati in questi ultimi anni diversi progetti focalizzati sul riutilizzo della lana nel mondo del tessile – fa notare la presidente della FNP di Confagricoltura – ma i costi delle attrezzature di lavorazione sono sempre molto elevati e non alla portata dei singoli pastori. Oggi è quindi diventata solo un costo come rifiuto speciale da smaltire”.

Secondo i dati Ismea gli allevamenti ovicaprini attivi nel 2020 sono 138.211, quasi 9 mila in meno rispetto a cinque anni fa (-6,1%). La Sardegna detiene il primato anche per il numero degli allevamenti (pari al 14% del totale), seguita da Lombardia e Sicilia.

Per quanto riguarda il patrimonio ovicaprino i dati di Ismea rilevati dall’Anagrafe Nazionale Zootecnica indicano, al 31 dicembre 2020, la presenza in Italia circa 7,6 milioni di capi, di cui poco più di 1 milione di caprini e oltre 6,5 milioni di ovini. Di questi ultimi, 2,7 milioni di capi risultano registrati in allevamenti con orientamento produttivo carne o misto, la restante quota ha un orientamento  produttivo latte. Quasi i due terzi dei capi si trovano in 4 regioni, soprattutto nelle Isole, che concentrano oltre la metà dei capi. In Sardegna si alleva quasi il 50% del patrimonio ovino nazionale (47%); a seguire la Sicilia, con il 12% dei capi e, poi Lazio (9%) e Toscana (5%).

In Italia gli allevamenti ovini producono annualmente circa 463 mila tonnellate di latte che viene trasformato quasi tutto in formaggi. Con 75,8 mila tonnellate prodotte, il nostro Paese è il primo produttore di formaggi di latte di pecora.

Angela Saba è titolare di un allevamento di pecore e capre da latte in provincia di Grosseto. La materia prima è trasformata a crudo nel caseificio aziendale e i formaggi vengono venduti direttamente nello spaccio dell’azienda agricola o spediti. (F.B.)

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