
di Roberta Pierguidi e Cecilia Blengino
La Politica agricola comune, con una dotazione finanziaria di 37 miliardi, rappresenta circa un terzo dell’inero bilancio comunitario. Ma cosa significa tutto questo nelle pratiche quotidiane? Gli strumenti, le risorse finanziarie, i nuovi impegni ambientali e sociali per le imprese.
La recente riforma della PAC, entrata in vigore il primo gennaio 2023, ha introdotto una serie di importanti novità. Tra queste, l’elemento più rivoluzionario è senza dubbio l’introduzione dei piani strategici nazionali, uno per ogni Stato membro, e di conseguenza il nuovo paradigma che la loro adozione comporta. Infatti, con l’introduzione dei Piani strategici, vi è un cambio di paradigma in cui la performance assume un ruolo centrale. In Italia, quindi, la programmazione della PAC 2023-2027 è affidata a un programma unico.
Il cosiddetto Piano Strategico della PAC (PSP) che racchiude i tre principali strumenti di intervento della PAC: i pagamenti diretti a sostegno della redditività del settore primario; gli interventi di mercato per filiere agroalimentari (OCM) che rappresentano il cosiddetto “primo pilastro” della Politica Agricola Comune; e le politiche per lo sviluppo rurale che ne rappresentano il “secondo pilastro”. Nell’ottica della Commissione europea, il Piano strategico della PAC dovrebbe quindi permettere a ogni Stato membro di avere una maggiore libertà nella definizione degli interventi previsti, adattandoli alle proprie necessità locali e, al contempo, dovrebbe garantire una maggiore semplificazione.
Anche in tema di semplificazione, appunto, le aspettative della Commissione europea (e delle stesse imprese agricole!) sono rimaste tali; il PSP prevede infatti circa 170 interventi e una notevole complessità amministrativa. Il Piano strategico dell’Italia ha una dotazione per il periodo 2023-2027 di circa 37 miliardi di euro di spesa pubblica, di cui, circa 17,5 sono destinati a sostenere il reddito degli agricoltori (suddivisi in sostegno di base al reddito; sostegno ridistributivo complementare al reddito; sostegno complementare per i giovani; sostegno accoppiato ed ecoschemi).
Lo stanziamento del PSP alla politica di sviluppo rurale, gestita dalle Regioni attraverso i Complementi di Sviluppo Rurale (CSR), ammonta a quasi 16 miliardi di spesa pubblica, sempre nel quinquennio. Le restanti risorse sono dedicate alle “misure settoriali” per vino, olio, ortofrutta, patate e apicoltura, quelle finora note come “Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM)”.
Le sfide dell’attuazione della nuova PAC
Attuare questi interventi non è un compito semplice: una delle principali sfide è garantire una transizione verso pratiche più sostenibili senza compromettere la redditività delle aziende agricole. Basti pensare che quasi un terzo delle risorse (10,7 miliardi di euro) della PAC 2023-2027 per l’Italia è destinato alla transizione ecologica del settore agricolo, alimentare e forestale con interventi sia a sostegno delle imprese che adottano sistemi di produzione ecocompatibili (ecoschemi, impegni agro-climatico-ambientali, benessere animale, indennità compensative), sia a sostegno di investimenti per la transizione verde delle imprese agricole e agroalimentari.
Una delle criticità principali dell’attuale PAC è rappresentata proprio dal fatto di avere degli obiettivi sempre più sfidanti in termini ambientali, a fronte di risorse a disposizione inferiori rispetto alla passata programmazione. Sicuramente la PAC 2023-2027 è stata influenzata anche dal processo di transizione ecologica rappresentato dal Green Deal europeo e in particolate dalla strategia “Dal produttore al consumatore” (la Farm to Fork) e dalla strategia sulla biodiversità.
Di fatto l’attuale PAC si basa su una condizionalità - ossia sul rispetto di norme che sono la condizione per il conseguimento dei pagamenti diretti e delle risorse a superficie dello sviluppo rurale - che è “rafforzata” rispetto alla passata programmazione. Da qui, l’aumento degli obiettivi non solo ambientali, ma anche sociali, visto che nell’ambito della PAC 2023-2027 le norme in materia di sicurezza dei lavoratori e della trasparenza dei contratti rientrano nella condizionalità.
Un’altra sfida molto importante riguarda, appunto, la burocrazia e la semplificazione, in generale, delle procedure per accedere ai finanziamenti. Confagricoltura ha lavorato molto e sta continuando a farlo, per semplificare i meccanismi della Politica; a partire dalle norme in materia di condizionalità rafforzata che, come detto, rappresentano la baseline per poter accedere a determinati interventi, strategici per le aziende agricole e per la semplificazione amministrativa. Un primo importante passo in questa direzione è rappresentato dall’adozione del Regolamento di semplificazione della PAC dello scorso maggio.
Confagricoltura, ritiene che il futuro della Politica Agricola Comune debba rispondere in modo efficace alle sfide emergenti del settore agricolo europeo. La PAC post 2027 deve prioritizzare la sicurezza alimentare e la stabilità del reddito degli agricoltori, adeguandosi alle esigenze geopolitiche e climatiche sempre più complesse.
L'articolo è presente sul numero di gennaio/febbraio 2025 di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
#impac
L’articolo rientra in un progetto cofinanziato dall’Unione europea. Le opinioni espresse appartengono tuttavia al solo o ai soli autori e non riflettono necessariamente le opinioni dell’Unione europea. Né l’Unione europea né l’amministrazione erogatrice possono esserne ritenute responsabili.
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