
L'articolo è disponibile sull’edizione gennaio-febbraio di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
di Francesco Bellizzi
Il Masaf stanzia fondi per l’emergenza fitopatie che assediano le produzioni frutticole. Ponso e Arcorìa chiedono maggiore controllo sui prodotti importati e un piano per la selezione di colture più resistenti
Sono 11 i milioni di euro stanziati dal Masaf per il risarcimento dei danni subiti dalle imprese produttrici di pere e kiwi. Soldi che vanno ad aggiungersi ai 12 milioni stanziati destinati ai due comparti lo scorso novembre. Le aziende che potranno farne richiesta sono quelle che, nel corso del 2023, hanno subito una contrazione del valore della propria produzione superiore al 30% rispetto al 2022. L’aiuto può raggiungere un massimo di 2.000 euro per ettaro per la filiera delle pere e fino a 1.500 euro per ettaro per i kiwi. Il motivo di questo provvedimento per decreto sta nella profonda crisi che queste due colture stan- no attraversando. Nel 2023 clima e malattie han- no ridotto la produzione nazionale di pere (rappresentante il 30% dell’intera produzione Ue) del 60%.
Non si tratta di un fulmine a ciel sereno, ma dell’epilogo di una crisi iniziata da tempo. Secondo i dati elaborati da Ismea lo scorso ottobre, infatti, tra il 2013 e il 2022 le colture dedicate hanno perso il 24% delle superfici e il 30 dei raccolti. Il fattore climatico e le fitopatie, insieme al calo dei prezzi all’origine, sembrano essere le maggiori responsabili: i lunghi periodi di siccità e le piogge violente e concentrate hanno impattato sulla variabilità della resa media delle pere, facendola passare dal 6% del quinquennio 2013-2017 a oltre il 31% tra il 2018 e il 2022. L’anno appena passato non è stato facile neanche per i kiwi, con una produzione ridotta del 15% e gli ettari dedicati diminuiti del 50% negli ultimi dieci anni. La flessione preoccupa molto il comparto nazionale, che rappresenta il 14% dell’export mondiale del frutto.
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La terza produzione a cui il ministro Lollobrigida è venuto in soccorso ultimamente è quella degli agrumi. Lo scorso 13 gennaio è stato pubblicato il decreto interministeriale sulle modalità di accesso ai contributi per le aziende agrumicole vittime del virus della Tristeza e del Malsecco. Si tratta di 9.437.914 euro, di cui 2 milioni provenienti da fondi residui del 2022 e altri 7 milioni e 400mila euro stanziati per il 2023. Il fondo è destinato a finanziare tre interventi: l’espianto e il reimpianto degli agrumeti colpiti; l’installazione delle strutture antigrandine; l’adozione delle tecniche di potatura che riducono la diffusione dei patogeni. Le domande per la richiesta dei contributi devono riguardare almeno un ettaro di colture. Gli aiuti possono coprire l’80% della spesa e il danno deve interessare almeno il 30% delle piante. Le imprese possono richiedere il pagamento in anticipo ad Agea nel caso possano presenta re una garanzia fidejussoria pari ad almeno il 110% del valore dell’anticipazione richiesta.
Nel 202, secondo i dati Istat, i 138mila ettari dedicati agli agrumeti italiani hanno reso 29mila tonnellate di prodotto per un valore vicino ai 950 milioni di euro, pari a circa il 2% della produzione dell’intero settore primario. Il valore espresso dall’industria della trasformazione ha raggiunto, invece, il miliardo. Numeri importanti, replicati, anche se con una leggera flessione, anche nel 2022. Ma non nel 2023. Le cause sono soprattutto le due malattie oggetto del decreto di inizio gennaio. Proprio a causa del Citrus Tristeza Virus il comparto nazionale, in particolare il siciliano, ha subito un vero e proprio terremoto. Lo spiegano con efficacia sul periodico dell’Arma dei Carabinieri, Silvae, Silvia di Silvestro e Guido Sorrentino, rispettivamente ricercatrice del Crea e primo tecnologo del Centro di Ricerca olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura dell’istituto ad Acireale. Il virus ha costretto ad una riconversione forzata che “nella sola Sicilia ha interessato quasi il 35% dei circa 86.000 ettari agrumetati”. Ciò vuol dire una perdita di circa 8 milioni e mezzo di quintali di prodotto, a cui bisogna aggiungere la riduzione della qualità della produzione su almeno 30.000 ettari. La seconda malattia prevista dal decreto, il Malsecco, ha colpito in particolare i limoni, la cui produzione ha subito nel 2023 una contrazione pari al 50%.
“Ciò che serve al settore è un piano nazionale per l’impianto di specie più resistenti alle nuove condizioni climatiche, causa principale della diffusione di queste fitopatie - spiega il presidente Ponso -. La nostra emergenza è che i fondi stanziati sia per gli agrumi, sia per pere e kiwi, siano erogati in tempi davvero stretti. In ballo c’è un comparto ortofrutticolo che vale 16,5 miliardi di euro, pari al 25% del totale della produzione agricola nazionale”. Potranno 9 milioni e mezzo di euro risollevare i conti delle 60.000 aziende agrumicole italiane? “Si tratta di uno sforzo finanziario che apprezziamo - commenta Giosuè Arcoria, presidente della Fnp Agrumi e alla guida di Confagricoltura Catania -. Parallelamente bisognerebbe aumentare il controllo dei prodotti importati da Paesi extra Ue perché sono loro i portatori delle malattie con cui dobbiamo fare i conti”. Arcoria mette in guardia sulle prossime fitopatie. “Ci sono altre malattie, come il Greening, per le quali non esiste una cura. E non dimentichiamo il Citrus Black Spot, importato dal Sud America e che rappresenta un vero flagello per gli agrumeti
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