L'articolo è presente sul numero di novembre 2024 di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
Di Gabriele Zanazzi
Le ambizioni protezionistiche del neopresidente degli Stati Uniti si inseriscono in uno scenario internazionale già instabile. Resta da capire come si muoverà Trump nei suoi rapporti con l'Europa, dove i partner politici non mancano
La riconferma di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha scosso gli equilibri politici ed economici globali. Con il pieno controllo dei repubblicani sulla Casa Bianca e sul Senato, l’America si prepara ad affrontare un futuro segnato da un protezionismo deciso, una politica commerciale aggressiva e una visione profondamente “America-first”.
Questa strategia, che prevede forti dazi su importazioni cinesi ed europee e il ridimensionamento delle relazioni multilaterali, potrebbe trasformare radicalmente i rapporti economici e geopolitici mondiali. Trump ha costruito gran parte della sua campagna elettorale sul sostegno agli agricoltori americani, una categoria centrale nella sua base elettorale.
Proponendo incentivi diretti e deregolamentazione, il presidente intende rafforzare la competitività interna, ma la sua visione protezionista pone interrogativi su impatti di più ampio respiro. L’imposizione di dazi fino al 60% sulle importazioni cinesi, oltre a tariffe generalizzate del 10-20% su beni provenienti dal resto del mondo, rischia di alimentare una nuova guerra commerciale globale.
Questa strategia, mirata al “decoupling” economico dalla Cina, punta a contenere una concorrenza percepita come sleale. Tuttavia, le ritorsioni di Pechino sono già nell’aria, e l’Europa potrebbe essere costretta a reagire con nuove misure protezionistiche, mettendo in pericolo i suoi mercati di esportazione strategici, tra cui quello agroalimentare.
L’Italia, per esempio, esporta in Cina beni per circa 18 miliardi di euro, con prodotti di punta come vini, lattiero-caseari e olio d’oliva. Ogni escalation potrebbe avere ricadute significative, compromettendo il ruolo del nostro Paese nei mercati globali. Le relazioni transatlantiche, già provate da anni di frizioni, si trovano ora di fronte a una prova cruciale.
L’Unione Europea è il principale partner commerciale degli Stati Uniti, con scambi che nel 2023 hanno superato i 1.500 miliardi di euro. Tuttavia, l’aggressività della politica tariffaria di Trump potrebbe mettere a rischio questo rapporto, soprattutto per settori europei strategici come l’automotive, la farmaceutica e i beni di lusso. L’Alto Rappresentante uscente, Josep Borrell, ha evidenziato come le scelte politiche dell’amministrazione Trump potrebbero aumentare la pressione sull’UE. Un esempio è la possibile introduzione di dazi dell’11% sui prodotti europei, che rischierebbe di compromettere la competitività dell’export europeo.
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A ciò si aggiunge il rischio di una minore cooperazione in ambiti cruciali come il supporto all’Ucraina, dove l’UE potrebbe essere costretta a colmare i vuoti lasciati dagli Stati Uniti. Un rischio, certamente, che tuttavia non è detto si traduca in realtà per l’Unione europea. Sebbene la nuova amministrazione Trump sia più ultraconservatrice della precedente, le azioni commerciali verso l’Europa potrebbero non concretizzarsi, almeno nell’immediato, visto il generale orientamento conservatore che diversi Stati membri, inclusa l’Italia, hanno assunto o vanno assumendo. Ciononostante, le ambizioni protezionistiche di Trump si inseriscono in uno scenario internazionale già instabile. La crescita del commercio globale, prevista dal WTO al 2,6% per il 2024, potrebbe subire ulteriori rallentamenti.
L’intensificazione della guerra commerciale tra USA e Cina rischia di amplificare queste tensioni, con impatti su catene di approvvigionamento, prezzi dei beni e inflazione. In Europa, i settori più colpiti potrebbero includere l’agroalimentare e il lusso, particolarmente esposti al mercato statunitense. Con scambi commerciali Italia-USA superiori ai 92 miliardi di euro, un aumento delle barriere tariffarie avrebbe ricadute dirette sul nostro PIL. Inoltre, il ridimensionamento degli accordi di libero scambio andrebbe a penalizzare l’industria manifatturiera italiana, fortemente orientata all’export. Trump sembra destinato a riorientare la politica estera americana verso un approccio meno multilaterale e più focalizzato sugli interessi immediati degli Stati Uniti.
La sua visione sull’Indo Pacifico, per esempio, potrebbe ridurre l’impegno nella costruzione di alleanze regionali, con implicazioni per il bilanciamento di potere nella regione. Nel Medio Oriente, il sostegno incondizionato a Israele potrebbe intensificare le tensioni con i Paesi arabi, rischiando di destabilizzare ulteriormente una regione già critica. Allo stesso tempo, la crescente influenza degli Houti yemeniti e il possibile coinvolgimento americano nel Canale di Suez potrebbero avere conseguenze imprevedibili per il commercio globale.
L’elezione di Trump riflette un cambiamento culturale e sociale profondo, non solo negli Stati Uniti, ma anche nel contesto globale. Tuttavia, le sue promesse elettorali - dalla riduzione del sostegno all’Ucraina all’introduzione di tariffe su vasta scala - potrebbero non tradursi automaticamente in atti concreti. L’Ue, nel frattempo, è chiamata a una duplice sfida: difendere i suoi interessi economici e rafforzare la sua autonomia strategica.
L’accelerazione della “Bussola strategica” proposta dall’Alto Rappresentante Borrell rappresenta una direzione necessaria per garantire competitività e sicurezza in un mondo sempre più frammentato. Mentre il panorama politico si evolve, una cosa è chiara: l’America di Trump sarà un attore chiave nelle dinamiche globali, con implicazioni che potrebbero ridefinire l’economia e la geopolitica per i prossimi anni. Per l’Europa, il compito sarà quello di navigare queste acque turbolente senza perdere di vista i suoi valori e interessi fondamentali.